TUTTO DI SALVO RAP

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SAMBUCO ALLA FONDA
Uscito dal Canale di Suez il Francesco Crispi riprese la navigazione verso Sud, questa volta solcando il Mar Rosso.  Si navigò sempre in vista delle due coste egiziane, africana a destra e asiatica del Sinai a sinistra, lungo tutto il Golfo di Suez per buona parte della giornata, sino a quando, superata la punta di Ras-Muhammad del Sinai, il Francesco Crispi riprese a navigare in pieno Mar Rosso. Man mano che si procedeva verso sud la temperatura dell’aria aumentava, ma non dava fastidio perché era secca ed era piacevole sentire la sua carezza sopra i nostri corpi; io intanto ero orgoglioso di indossare il mio casco appena acquistato a Port Said e vi confesso che al sole proteggeva veramente. Stavamo spesso appoggiati alla balaustra della nave a guardare il mare, soprattutto al tramonto  quando il sole scendeva all’orizzonte.  Ma quando Il venticello caldo proveniente dal deserto arabico lentamente cominciò a prendere più forza, il mare si ingrossò e sempre più s’ingrossò rendendo la navigazione  un vero martirio per la quasi totalità dei passeggeri,;il mal di mare non risparmiò nessuno;  io e mamma però, che  sembravamo immuni da questo fastidioso malessere ,  continuammo a trascorrere le giornate come sempre. Le onde del mare spesso superavano il passamano della ringhiera esterna della passeggiata sul ponte, la prua sembrava sprofondare nel mare per riemergere subito dopo, il monsone che soffiava dalle coste dell’Arabia sibilava passando attraverso le sartie che tenevano le barche di salvataggio.In quei giorni all’ora del pranzo in sala eravamo solo io e mamma; vedendoci il Comandante ci invitò al suo tavolo, poco discosto dal nostro” Si vede che siete gente di mare” disse a mamma. Infatti il nonno Edoardo Rap Lancia, papà di mamma, era stato un vecchio lupo di mare quale comandante di velieri. Mi raccontava mamma che all’Istituto Nautico di Palermo vi era una lapide di marmo su cui venivano incisi i nomi di tutti i Capitani di Lungo Corso che si erano diplomati all’Istituto e parecchi nomi dei Rap vi erano incisi. Sulla tomba degli avi, infatti, della famiglia Rap, al cimitero dei Rotoli a Palermo, costruita su progetto dell’architetto G.B. Basile, vi è un cancello di ferro battuto a forma di ancora di mare circondata da una corona di alloro, due colonne riprendono il motivo del portico del  Teatro Massimo di Palermo, essa inoltre è fatta con la stessa pietra con cui venne costruito il teatro..
Procedendo nella sua rotta verso sud, il Francesco Crispi lasciò alle spalle la zona turbolenta del monsone, il mare riprese la sua normale increspatura e finalmente si vide qualche passeggero salire in coperta e respirare la dolce calda brezza del Mar Rosso.  La notte poi era diventata  limpidissima, la volta celeste sopra di noi si mostrava in tutto il suo splendore, la luminosità della Via Lattea, che arrivava ad illuminare il mare, attraversava da un estremo all’altro tutta la volta celeste, a nord la Stella Polare era scesa quasi all’orizzonte, mentre a sud, sotto la costellazione del Centauro, all’interno della Via Lattea, cominciava a fare capolino la Croce del Sud ancora bassa all’estremo sud dove, appunto, eravamo diretti. Con questo spettacolo negli occhi andammo in cuccetta. All’indomani, 23 dicembre 1939,il Francesco Crispi navigava in Mar Rosso all’altezza di Port-Sudan; di tanto in tanto incontravamo, adesso, delle imbarcazioni a vela, i “sambuchi” arabi: hanno la vela latina in realtà portata in Mediterraneo dai Fenici che originari della regione sud della penisola arabica, con queste barche molto robuste e con poco pescaggio, navigano per i loro commerci anche tra i bassi  fondali del Mar Rosso  oltre che lungo le coste dell’Oceano Indiano.
Sono di origine antichissima, sicuramente navigano, sfruttando i venti monsonici, in questi mari già prima dell’Era Cristiana; nella loro costruzione tutta in legno non vengono usati chiodi, perché assolutamente sconosciuti da queste popolazioni, ma zeppe di legno, e per la calafatura degli scafi vengono usati stracci imbevuti in olio di pesce, spesso estratto dal fegato degli squali, e pece. L’equipaggio, in genere, è composto da  tre  o più persone: il comandante è il “Nakuda”, che spesso è anche  proprietario della barca, e da due o tre marinai; a poppa vi è quasi sempre una specie di castelletto che serve all’equipaggio per ripararsi dal sole, dalle intemperie e per riposare; il tetto del castelletto in genere è usato dall’equipaggio, quasi sempre musulmano, per le cinque preghiere giornaliere che i fedeli recitano rivolti in direzione della Mecca, al centro dell’imbarcazione vi è un’apertura che con piccoli scalini di legno conduce all’interno dello scafo, utilizzato per il trasporto della merce o di eventuali pellegrini . Esternamente lo scafo è spesso dipinto con disegni dai colori vivaci come il rosso, il blu, il verde, il giallo, il bianco e il nero. Ogni sambuco ha con sé anche delle piccole piroghe chiamate “hury”, ricavte da tronchi d’albero scavati  che   vengono usate per pescare nei bassi fondali madreporici del Mar Rosso e sono sempre legate al sambuco quando è in navigazione.Il sambuco,di antichissima origine, per secoli è stato l’unico mezzo di trasporto fra la costa africana e quella araba e yemenita, è stato il mezzo principale del trasporto di pellegrini  dall’Africa all’Arabia, diretti alla Mecca e viceversa;purtroppo fino all’occupazione italiana della costa eritrea, tramite i sambuchi veniva effettuata anche la tratta degli schiavi fra Africa e Asia, che cessò solo sotto il dominio italiano. (continua)          Carlo Di Salvo

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16/01/2024

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