I TRE ANGELI

Vittorio Ziantona e sua moglie, Giorgina Grandi, sono entrati nel mondo di Mai Tacli… e allora, una sera…

RINGRAZIAMENTO

… E allora una sera,

quando tutto sembrava ormai

perduto, io nacqui, da tutta la sua solitudine

e da una parola, una sola, mai detta,

ma fu il tempo a decidere

perché io non sapevo,

non sapevo niente, prima di conoscere

quanto fosse forte il petto di un uomo

in cui lottano due razze diverse:

fu silenzioso il pianto squillante il silenzio e

fresco il germoglio di sconosciute memorie

e di sogni. E fu il tempo

a decidere, perché io non sapevo,

non sapevo niente, prima

che conoscessi il nome e la vostra amicizia.

… un giorno …

non più tardi di ieri, mentre accudivo alla terra e al fuoco, come di consueto, il pensiero andava e veniva da oggi, all’infanzia a Cheren e intanto, prestavo l’orecchio e il cuore ad ogni rumore, come suole fare chi attende… Tuttavia lo squillo del telefono, improvviso, insolito, mi spaventa, come se il tempo, interrotta la propria staticità in quel preciso momento, esplodesse dentro e fuori di me, frantumandosi in schegge ed atomi di luce.

E scoccarono per davvero, Mai Taclì, ai miei occhi, scintille luminose, vortici e girandole.

“Chi sarà?” Ero invasa da un gran turbamento, mi tremavano le mani e l’emozione era la stessa di quando, bambina, mi aspettavo un rimprovero. “Chi può essere?”

La voce, dolce, sommessa, veniva diritta diritta dal Paradiso e proprio non sapevo capacitarmi di quel chiaro, inconfondibile accento di Romagna. Il messaggio conteneva fraterne espressioni per Vittorio Ziantona, intercalate da pause, pregne di intensi significati e, certamente, di lacrime, tanto che, anch’io incominciai a piangere dimenticando, all’istante, nome e cognome della mia interlocutrice. Per fortuna, Rosa Martini, telefonò ancora, più e più volte finché, qualche tempo dopo, me la trovai tra le braccia e ci portò l’inestimabile dono della propria realtà fatta di certezze, di fede, di speranze.

Il suo racconto scaturiva da una voce fresca, da occhi ancora fanciulli e scioglieva via via, quei nodi dolorosi che Vittorio, accuratamente, ancora nascondeva. “Grazie Rosa, ci hai regalato due giornate meravigliose” . Da allora in poi, fu tutto un susseguirsi di telefonate e io avevo un gran daffare a segnare nomi, cognomi e indirizzi.

Passavo le mie giornate in gioiosa eccitazione: un po’ attizzavo il fuoco, un po’ manipolavo la terra e, i miei tocchi, divenuti leggeri come foglie, davano corpo all’Idea. Sotto i miei occhi, a poco a poco, con mio grande stupore, cresceva, in forma ed espressione, un’opera delicata: MARIAM MAI TACLI’ .

Intanto pensavo a Vittorio, alla sua impazienza, al suo spirito rinnovato e, quando allo scadere dell’ora, tra i filari della vigna, si accendeva il lumicino, non aspettavo di udire il rumore dei passi, il fruscio delle foglie, le pietre scricchiolare: correvo verso di lui, lungo il sentiero, al buio. Ci scontravamo un po’ affannati entrambi e ansiosi, io di raccontare, lui di sapere. Poco dopo, a cena, benché fossimo soli, eravamo in tanti …

Un giorno, sulla soglia della nostra casa, apparvero tre angeli in carne ed ossa, vestiti di tutto punto e con i piedi ben piantati sulla terra.

L’angelo N. 1 si fece avanti e disse di chiamarsi Felicino Pappacena … io noto la sua struttura massiccia, la camicia tirata sulla pancia, una chiara impronta di pugile sul volto. Questo mi commuove a tal punto che non trovo di meglio da fare che trasfigurare ogni cosa al mio cospetto. Ed ecco che le foglie della vigna incominciano a brillare, la solitudine diventa pace, il letame emana un odore soave …

… l’angelo N. 2, è Silvio Fantozzi; attraverso una nebbia leggera osservo che è un po’ claudicante, ma il viso è giovane, sottile. Sembra uno che le ha avute tutte vinte, o quasi. Ed è senz’altro così, anche se non è questo che conta poiché la realtà è un fatto personale, tanto più misterioso e incomprensibile quanto più è vicino alla verità.

… l’angelo N. 3 si chiama Vittorio Vaccaro e sarebbe il più bello se non fosse per quelle pieghe amare ai lati della bocca. I suoi silenzi soprattutto, denunciano le lotte, le sofferte conquiste, gli allori, le stanchezze. E mi sembra, tra i suoi capelli, assurdamente ondulati, siano rimaste impigliate, inquietanti, materne carezze.

Ho saputo dai tre angeli che, un quarto, per una circostanza sfortunata, non ha potuto venire. E’ dispiaciuto a tutti, moltissimo, ma ti assicuro, Armando Rocchi, che eri ugualmente presente. La tua figura emergeva da ogni racconto e, per mio conto, è stata proprio la tua assenza e l’evocazione di altri, à santificare quell’incontro sublime e, per quanto mi riguarda, ti dico subito di non esitare, qualora ti venisse in mente di fare un salto da noi.

vostra Giorgina Grandi

(Mai Taclì N. 4-1982)