8 febbraio 2000, sul cielo di Asmara, dopo 27 anni

Era il 2000 quando accadde quello che sto per narrare e mancavo dall’Eritrea da 27 anni, seconda patria di entrambe le mie famiglie: quella paterna del nonno Giacomo De Ponti, “vecchio coloniale” che vi era giunto nel lontano 1907 e quella materna, del nonno Vincenzo Costa, che fu là dal 1936.

Avevo 17 anni ed era il 1973, quando lasciai Asmara per non ritornarvi per molti anni. Mi attendeva una vita ed una professione che si aprivano esaltanti e che ci separarono per quasi tre decenni, finchè la stessa scelta che mi aveva tenuto lontano mi offrì l’occasione di rivedere quei luoghi mai dimenticati. Ma prima di ricordare quell’emozionante ritorno, bisogna che mi presenti e racconti la mia più recente esperienza Eritrea, così che i fatti narrati, siano meglio compresi.

Mi chiamo Giacomo De Ponti, figlio di Maria Teresa Costa e Gianfranco (Gianni) De Ponti, a loro volta figli di meravigliosi Italiani che, insieme alle loro moglie e famiglie, si fecero onore in Eritrea lavorandovi per tutta la vita come se quel paese fosse stato la loro Patria: Giacomo De Ponti, con la moglie Maria Carolina e Vincenzo Costa, con la moglie Rita.

Sono nato nel 1956 a Villastrada Umbra, un piccolo paese vicino al lago Trasimeno, dove il nonno Giacomo acquistò una tenuta agricola che fu amministrata da mio padre, divenendone poi il proprietario alla scomparsa del nonno. Vivevamo quindi il quel paese umbro, ma il richiamo dell’Eritrea era forte, mia madre ed io, ed in seguito anche i miei due fratelli, trascorrevamo molti mesi ogni anno ad Asmara e Massaua dai nonni Costa. Io frequentavo, senza difficoltà, le scuole italiane in entrambe le città. Poi divenni più grande: il passaggio alle scuole superiori segnò purtroppo il diradarsi e l’abbreviarsi delle visite ad Asmara finché venne il momento della decisione sul futuro.

Prossimo alla maturità decisi di seguire i miei istinti e la mia passione: dovevo diventare Ufficiale Pilota nell’Aeronautica Militare. E così avvenne: nel 1976 vinsi il concorso ed entrai in Accademia Aeronautica iniziando una carriera di incarichi crescenti ed effettuare migliaia di voli finché uno di essi: l’8 febbraio del 2000 mi portò ad incrociare nuovamente il cielo di Asmara.

Ora posso ricordare quel volo e quelle emozioni vissuti in due brevi ma intensi giorni.

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I due aerei sui quali ho volato, in primo piano: il Falcon 900EX dietro l’Airbus A319CJ.

Nell’anno del Grande Giubileo, del 2000, ero il Comandante del 31° Stormo e dell’Aeroporto di Ciampino; il mio grado era quello di Colonnello e comandavo il Reparto dell’Aeronautica Militare che ha come compiti il trasporto delle Alte Cariche dello Stato e Personalità (il cd. trasporto aereo di Stato), compreso, all’occorrenza, il Pontefice ed il trasporto sanitario di urgenza , operando con aerei dalle prestazioni elevate e dalle caratteristiche tecnologiche più avanzate. Questi aerei possono raggiungere qualsiasi parte del mondo con la più elevata speditezza e con tempi di reazione brevissimi, sono queste le condizioni che li rendono insostituibili nelle missioni di soccorso sanitario che vengono quotidianamente assegnate agli equipaggi di quel Reparto.

Il Comandante ha naturalmente una prevalente funzione dirigenziale su quella del “pilota” e quindi non vola quanto i piloti più giovani. Deve guidare lo Stormo e l’Aeroporto (molte centinaia di uomini e donne delle più disparate professionalità preposte ai più complessi servizi), ma è sempre un pilota e deve comunque sapersi mantenere al massimo grado della preparazione. Si deve quindi immaginare quale emozione mi prese  quando la sera del 7 febbraio nel firmare il programma dei voli per il giorno successivo vidi che uno dei nuovissimi aerei Falcon 900EX, proprio quello che io stesso avevo ritirato pochi mesi prima dalla fabbrica francese Dassault, era destinato all’aeroporto di Asmara (!!!) dove il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica ed una delegazione del Ministero della Difesa dovevano incontrare gli equipaggi italiani ed il contingente nazionale della missione UNMEE (United Nations Mission in Ethiopia and Eritrea, per far rispettare il nuovo confine tra i due stati).

Colsi immediatamente l’opportunità, quel volo doveva essere mio. Sapevo che il Generale avrebbe molto gradito pilotare il nuovo aeroplano, questo Falcon 900 EX (business jet trimotore, EXtended range, lunga autonomia, 12 passeggeri e 3/4 membri di equipaggio) era all’epoca, ed è ancora oggi dopo 20 anni, all’avanguardia per la sua sofisticata strumentazione elettronica e prestazioni molto spinte, forse all’inizio un pò complesso per piloti abituati ad aerei di generazioni precedenti e così, forte della qualifica di pilota Istruttore che avevo proprio su quel tipo di aereo, mi inserii nell’equipaggio di quel volo, al posto del Capo Equipaggio previsto.

Era già sera tarda ed il volo doveva partire presto la mattina successiva, il Generale era atteso ad Asmara dal suo omologo: il Comandante delle Forze Aeree Eritree, per gli incontri, già nella tarda mattinata quindi con un animo già pieno dell’eccitazione dell’attesa, riuscii a concedermi poche ore di sonno.

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La valle del Nilo ci guida attraverso l’Egitto, verso il Sudan e l’Eritrea.

Nel frattempo la macchina organizzativa del mio Ufficio Operazioni stava, nella notte, predisponendo tutto il necessario per la missione, sia in andata che per il ritorno: rotte e piani di volo, autorizzazioni al sorvolo dei paesi lungo la rotta (Egitto e Sudan), rifornimenti di carburante ed ossigeno, catering per i passeggeri e per l’equipaggio, pagamento dei servizi a terra ad Asmara. Con una distanza di 4000 Km tra Roma ed Asmara, il volo sarebbe durato circa 5 ore, quindi considerando che il Falcon 900EX ha un’autonomia di circa 10 ore, non sarebbe stato necessario fare scalo per rifornimento intermedio ed inoltre avremmo volato, rotta pressochè diretta, fino ad Asmara.

Un’alba radiosa illumina il decollo da Ciampino e si dipana in un cielo cristallino nel volo attraverso il Mediterraneo, verso la terra d’Africa che incontriamo, all’altezza di Alessandria, il magnifico golfo preannunciato dal vivido contrasto del mare turchese ed il giallo pastello del deserto.

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I monti che incorniciano l’acrocoro ed Asmara adagiata sull’altipiano

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L’equipaggio ed il Falcon 900EX, io sono il primo da sinistra, accanto a me l’altro pilota e poi l’assistente di volo.

 

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Con il Generale Eritreo difronte alla residenza dei nonni Costa

cielo6In atterraggio ad Asmara.

Il giorno accompagna il distendersi della valle del Nilo, una lama verde, rigogliosa, che fende netta il nulla che sta intorno. Poi il grande lago Nasser (Aswan) ci annuncia il passaggio nello spazio aereo del Sudan, alla nostra sinistra il Mar Rosso si avvicina, è ora più distinto, mi sforzo a guardare lontano per cercare Massaua, ma invano, gli occhi non giungono dove vorrebbe l’animo. 

A bordo tutto scorre regolarmente, qualcuno si affaccia in cabina di pilotaggio curioso di vedere il cuore dal quale si diparte il controllo di quel meraviglioso apparecchio e rimane stupito dalla moderna complessità degli strumenti e dei comandi, ma ancor di più è colpito nel contemplare il mondo ed il cielo dalla posizione privilegiata – come da una terrazza d’attico – dei piloti. Ed ecco che in lontananza si intravedono le cime dei monti che racchiudono l’acrocoro di Asmara. E’ ora di iniziare la discesa per l’atterraggio; finalmente volo basso sul cielo di Asmara, limpido come lo ricordavo, e ancora non ci credo, sono qui nuovamente dopo tanti anni atterro leggero sulla pista, non voglio rischiare di rovinare nessun momento di questo mio ritorno; rulliamo verso l’aerostazione dove troviamo il comitato di accoglienza delle Forze Aeree Eritree, con il loro Capo di Stato Maggiore ad attendere il nostro.

 Scesi dall’aereo, mentre scarichiamo alcune scatole di dolci e generi alimentari vari per i bambini assistiti dalle Suore Comboniane, alle quali inviavo da tempo pacchi del genere approfittando dei voli di rifornimento del contingente, vedo, con mia sorpresa, i due Capi di Stato Maggiore venire verso di me ed invitarmi a salire sulla loro auto nel tragitto che ci avrebbe portati all’albergo dove era stata organizzato il pranzo.

Resto stupito da questa loro attenzione nei miei confronti, immaginavo che i due avrebbero approfittato del percorso per stringere la reciproca conoscenza e forse parlare di “cose loro”, ma lo stupore aumenta quando il Generale Eritreo, molto giovane in verità, si rivolge a me e mi chiede di indicargli l’indirizzo di casa dei miei nonni così che l’autista possa fare una sosta e lasciarmi rivedere quei luoghi da me amati.

Era accaduto che il mio Capo di Stato Maggiore aveva raccontato, al suo omologo Eritreo, dei miei legami con il suo Paese e lui aveva quindi trovato naturale che io fossi accompagnato a rivedere il luogo a me più caro tra i tanti ad Asmara.

Ero stupefatto che due Generali del loro livello avessero voluto rinunciare a parte del loro tempo per permettermi di rivivere momenti di gioia del tutto personali.

Era trascorso molto tempo ma mentre percorrevamo la strada che si dirige verso il luogo dove i nonni Costa avevano l’abitazione e l’attività (Av. Deg. Nasibù Zeamanuel 79), mi tornavano alla mente tutti i particolari del percorso, lo stabilimento Melotti ed infine, davanti a me, l’inconfondibile edificio in stile razionalista abitazione dei nonni.

L’auto si ferma e scendiamo. Il Generale Eritreo si fa aprire il cancello e mi trovo, dopo 27 anni, di nuovo nel viale d’ingresso. Mi illudo di essere là come era allora, cerco intorno a me le persone di quei tempi, mi sforzo di riconoscere i particolari del luogo, ma tutto è cambiato, i grandi capannoni dello stabilimento del nonno sono scomparsi, nessuna traccia del parco dei grossi automezzi che mi affascinavano tanto, sono di fronte all’abitazione, i muri scrostati e sbiaditi denunciano una manutenzione da tempo abbandonata, ma le piante di euforbia, di ficus e di bouganvillea sono sempre rigogliose e mervigliose, una signora nella sua tipica “futa” entra in casa e mi riporta alla realtà, non era la cara “Letè” della mia infanzia e giovinezza, ma la nuova padrona di casa. Il Generale si offre di chiederle se posso entrare, gli dico di non farlo, va bene così non voglio abusare del loro tempo e della “privacy” della signora, ma dentro di me so che il motivo è diverso: temo di trovare tutto troppo cambiato, di non riconoscere, ora, ciò che era stata quella casa per me e la delusione sarebbe stata troppo grande.

Rivolgo uno sguardo anche all’abitazione dello zio, Nani per tutti in Eritrea, un grande amico per me, molto più che uno zio; mi assalgono i ricordi di tanti giorni felici ad: Asmara, a Massaua, a Gurgussum. Pochi veloci scatti per fermare questi momenti e dobbiamo andare, il programma della visita incalza ed abbiamo poche ore, l’indomani presto si dovrà ripartire per Roma. Scendiamo in un nuovissimo albergo, l’Hotel Inter-Continental Asmara, dove mi trattengo il solo tempo di un fugace pasto, una rapidissima doccia ed il cambio in abiti civili. Non voglio perdere un solo attimo del pomeriggio, la sera ci sarà un ricevimento con l’Ambasciatore ed anche l’equipaggio è invitato, io avrei veramente preferito una “libera uscita” serale per godermi del tutto la mia Asmara. Cosa fare in un solo pomeriggio nella più bella citta italiana in Africa e non solo..., la città dei miei mille ricordi e nostalgie? Girare come impazzito per le strade e le stradine del centro, cercare di ricordare i luoghi famosi a tutti e quelli più nascosti, il Cimitero non può mancare, ma neanche un giro alla fontana di Ghezzabanda, devo entrare in Cattedrale, e come rinunciare ad una passeggiata lungo Corso Italia fino alla Croce del Sud poi giù per Via Sapeto fino alla casa dei nonni De Ponti, e poi alla Casa degli Italiani, ma dove sono ora gli Italiani? ci sono solo Eritrei che giocano a carte..., e dov’era il Circolo Italiano? che belle feste di Capodanno! come si fa a rivedere, a farci stare tutto? e poi ancora i vecchi Eritrei che capiscono subito che sono Italiano e si avvicinano, cortesi e discreti, solo per il gusto anche loro di ricordare e di parlare un poco la lingua che non hanno dimenticato, ancora i tanti bimbi che ti circondano per venderti le gomme e chiedere il bakscisc (vanno bene anche le lire), il tempo passa inclemente mi manca ancora troppo da rivivere, Asmara non mi basta più, vorrei vedere ancora Keren la dolce dove è nato papà Gianfranco e dove sono sepolti i miei nonni, Agordat ed Inghernè con le piantagioni del nonno De Ponti, e poi Massaua, l’emozione dei viaggi protetti dalla polizia contro gli sciftà, le soste a Ghinda, il riposo al Buon Respiro con il suo indimenticabile capretto arrosto, il Circolo ed il Lido, la scuola

cielo7Un ultimo scatto di fronte alla residenza dello zio Nani ed al suo ancor rigoglioso giardino.

dalle Suore oltre la diga, la casa sull’acqua del nonno ed i tuffi dalle finestre, il cinema all’aperto prime emozioni mano nella mano, le spiagge immense di Gurgussum e Mersa Gulbub, l’Isola verde e le pescate con il fuoco sulla spiaggia, altro che “dolce vita” a Roma, un flusso inarrestabile di ricordi prende il sopravvento incalza e fa muovere i piedi sempre più frenetici, vorrei essere qui con qualcuno degli amici di quei tempi, chissà dove sono oggi qui ormai non conosco più nessuno e forse è meglio così, me la assaporo meglio da solo Asmara, il tempo ormai è finito davvero. Non ho fatto fotografie vagando per la città, non ne ho avuto il tempo, cercavo tutto e tutto volevo tenere impressionato negli occhi e nella mente e poi quel tutto in Asmara è rimasto così immutato che sembra di vedere le cartoline e le foto di quando ero più piccolo e che certo non mi mancano a casa.

Torno in albergo e mi cambio per la cena, incontro con l’Ambasciatore e ricambio cortesie con alcuni Italiani della comunità, molti sono interessati alla mia piccola storia Eritrea, alcuni ricordano le mie famiglie, per fortuna posso ancora parlarne, la pressione dell’emozione è forte e ricordare ancora di Asmara mi aiuta a scaricare la voglia prepotente di essere là e sapere invece che non sarà possibile, che è stato un breve sogno, domani come velocemente vi sono tornato altrettanto velocemente la lascerò ancora. Ma me la voglio godere fino in fondo ed allora ne approfitto con i ricordi, chissà quanti avranno cercato di defilarsi dai miei assillanti racconti...

Ed è già il 9, il giorno dopo, ripartiamo presto, l’alba sul Mar Rosso si annuncia con una sciabolata di luce che taglia l’orizzonte di netto e, crescendo, incanta nei suoi magnifici toni di azzurro e nelle illusioni che i raggi creano nelle nubi basse; si offre con consapevole prepotenza, con la superbia di una natura che sa di poter stupire l’uomo tecnologico del nuovo millennio.

Ma io non ne godo, il mio pensiero è ancora laggiù, nell’Asmara della mia giovinezza, in un tempo ormai lontano, con i suoi ricordi: tutti belli, ma anche pervasi dell’amarezza che viene dal sapere che quello che è stato mai più potrà tornare.

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Saluto Asmara mentre saliamo in quota nella rotta di ritorno.

Epilogo

6 marzo 2015, mia moglie Donatella ed io gioiamo della nascita della nostra nipotina Amaranta.

Allora vogliamo che la gioia sia ancora più grande, approfittiamo dell’avere appreso da un amico e collega dell’Aeronautica di un suo progetto di sostegno all’Orfanotrofio Casa della Provvidenza di Saganeiti-Hebo organizzato e gestito dalle Suore Figlie della Carità e decidiamo di avere subito un’altra “nipotina”. Il mio legame con l’Eritrea si stringe ancora grazie alla piccola Maria Welete Tisaie nata giusto un mese dopo Amaranta, il 9 aprile 2015 che adottiamo a distanza. Il caso è bizzarro, Maria è nata a Keren, città a me particolarmente cara per essere stata il centro della vita della famiglia dei miei nonni De Ponti. Negli anni la vediamo crescere sana, bella ed intelligente, purtroppo ci dicono che nonostante la pace raggiunta tra Eritrea ed Etiopia, i collegamenti tra Asmara ed Hebo non sono affatto agevoli e non siamo quindi riusciti a tornare in Eritrea ed incontrare la piccola di persona; un giorno, speriamo non lontano dovrà accadere. Per adesso mi accontento di questo nuovo filo di affetto che, insieme agli indimenticabili ricordi, mi terrà collegato con quel mondo al quale auguro, anche per il futuro di Maria, un sereno avvenire.

Giacomo De Ponti, marzo 2020