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I viaggi del ritorno in Eritrea

Non ci speravo, invece il miracolo è avvenuto, nel 1992 sono tornata all’Asmara, gioia, emozione, incredulità.

Il viaggio in aereo  piacevole e pieno di novità scoperte per aria: strisce arancioni e rosso intenso bucano le nuvole e annunciano la comparsa della palla di fuoco, è la levata del sole, invita proprio a intonare l’inno scritto da Orazio e cantato da tante generazioni. Il sole che sorge libero e giocondo mette gioia e speranza nei cuori.

Assistere alla sua comparsa mentre sei per aria, proprio accanto alla fonte di luce e calore,  almeno così sembra,: a poco a poco guardando verso il basso  si comincia a vedere le distese di terra rossa punteggiate qua e là da ombrellifere e tanti massi enormi, finalmente si inquadrano costruzioni e strade che viste dall’alto  producono un impatto forte e gradevole! Là sotto c’è la vita, ci sono i ricordi, c’è la mia infanzia e la mia adolescenza vista ora con gli occhi della maturità. Appena toccata terra il  cuore batte forte e gli occhi si riempiono di lacrime, lacrime di gioia e incredulità, “l’elleltà”, il canto delle donne eritree venute in aeroporto a portare il saluto festoso della popolazione indigena mi ha fatto tornare alla realtà e mi sono trovata con in mano una manciata di terra che ho subito avvolta in un fazzoletto e stretta nel pugno.

Cara vecchia Asmara, tanti anni fa ti ho scritto una lettera e affidata al Mai.Taclì, ora ti parlo e ti vedo, voglio ripercorrere le tue strade, godere i tramonti, osservare il tuo cielo stellato di notte, i profili delle tue ambe e udire i tuoi suoni, i  profumi delle tue spezie, tutta la tua vita. La prima visita d’obbligo è dovuta alla Cattedrale,  non solo faro di spiritualità, ma guida effettiva per tutti coloro che vengono a visitare la capitale dell’Eritrea, i frati cappuccini che fanno parte dell’apostolato cattolico sono ospitali e fraterni con tutti, consigliano ed aiutano chiunque bussi alla loro porta. È così che conobbi l’allora parroco di Asmara, Padre Protasio Delfini.

Le suore di S.Anna  anch’esse missionarie sono sempre lì nella casa delle suore in cui viveva la mia amata maestra suor Anna Palma Malavolta che aveva assistito il mio percorso scolastico dalla terza fino alla quinta elementare. Le suore che ora abitano il convento sono tutte nuove ma con le stesse mansioni missionarie.

Ho rivissuto tanti ricordi in quel cortile uguale a tanti anni fa, la piccola grotta con la statua della Madonnina, le preghiere e tanti canti, un tuffo nel passato con i racconti del tempo che fu, racconti molto apprezzati dalle nuove sorelle desiderose di conoscere coloro che le hanno precedute nella missione, mia sorella e la sottoscritta in visita al convento fummo felici di raccontare e ricordare il tempo felice, le suore da parte loro mostrarono interesse e gratitudine con un bellissimo scritto con tutte le firme delle nuove abitanti dei luoghi cari a tutti noi. 

La risposta ai nostri racconti merita un capitolo a parte oltre ad un grazie di cuore a tutte le consorelle.

La Cattedrale, è il monumento a me più caro di tutta l’Eritrea  ed è sostando col pensiero fra i banchi della chiesa e volgendo lo sguardo attorno che rivivo il passato e rivedo Monsignor Marinoni il Vescovo di Asmara, Padre Zenone e tanti altri Frati Cappuccini fra i quali riconosco Padre Averardo il supplente di storia e filosofia al liceo Ferdinando Martini tutti presenti nella mia mente ed ecco l’ultimo in ordine di tempo: Padre Protasio Delfini, il Frate laborioso, impegnato e vincitore nel suo programma! Ho rivissuto la “giornata eccezionale” che ha descritto e inviato online a tutti noi. Grazie Protasio, sono tornata anch’io, virtualmente,  a Gherar, dove ho trascorso le ultime vacanze di Natale in Eritrea. Ma che bella chiesa hai ricostruito su quel mucchio di sassi e macerie lasciati lì dalla guerra lunga trent’anni di morte e distruzione.

La “giornata eccezionale” è stato il coronamento al successo, riconoscenza e gratitudine ripagano l’operato e i sacrifici tuoi e di tutta la Comunità Francescana che ti ha assistito. Tanti fedeli in chiesa e alla conviviale festosa insieme a tanti ragazzi strappati alla strada e indirizzati a un futuro dignitoso e speriamo di pace e serenità.

Io oso domandarmi: perché si sbandierano ai quattro venti gli scandali e i misfatti compiuti dalla nostra chiesa e purtroppo sono tanti, troppi, e si tace su quanto di bello e costruttivo viene compiuto da altri ecclesiastici in tutto il mondo? Ti ringrazio Protasio perché ti conosco, insieme a te tutti gli altri che non conosco personalmente ma che so che esistono e operano in nome del Vangelo. Dalla cattedrale mi sposto e mi avvio a visitare altri luoghi a me cari: la scuola e tutto il vissuto nel decennio felice. La scala dello zoppo è una sosta obbligata e io mi sono adeguata e recata alla scala: qui ho incontrato un personaggio importante per il mio racconto: Un anziano eritreo avvolto nello sciamma mi saluta con rispetto e tanta voglia di parlare un po’ con me.

Lui è lì fermo col suo bastone sulle spalle e le mani aggrappate che lo tengono fermo, mi dice in perfetto italiano “sono un ex ascaro dell’esercito  italiano, ho servito l’Italia col grado di Sciumbash, (purtroppo io non conosco il susseguirsi dei gradi conferiti agli ascari, né i nomi attribuiti)  al comando del generale Lorenzini ho combattuto a Keren, ho novanta anni e sulla vera età del personaggio mi permetto di avere dei dubbi in quanto nessun eritreo è in grado di conoscere l’anno della propria nascita secondo il calendario comune….si riferiscono sempre a qualche calamità naturale o evento speciale per risalire in qualche modo alla propria età.

Comunque le sue mani scheletriche e un  po’ rattrappite insieme con lo sguardo attento ma un po’ velato dalle cataratte e i denti completamente assenti, denunciavano l’età avanzata non così la sua mente completamente lucida nel ragionamento e nel ricordare! Si trattava proprio di un anziano ascaro fedele al suo ruolo e al popolo italiano.  

Tutte le mattine lo incontravo sulla scala dello zoppo e lì la conversazione si faceva sempre più interessante. E’ incredibile come parlasse bene la nostra lingua, senza errori né inflessioni. I suoi racconti erano sempre più interessanti, dalla battaglia di Keren alla sua vita di anziano soldato, è stato un excursus interessantissimo, commovente davvero. Parlare così dell’Italia non era cosa comune da parte degli eritrei di oggi.

Il personaggio aveva visitato un pezzetto d’Italia in occasione della mostra dell’Impero avvenuta nell’ anno 1937 a Roma, l’ascaro in questione ne faceva parte col suo battaglione. I suoi figli avevano frequentato la scuola italiana mantenendo così anche in casa il nostro idioma e lui i suoi racconti come stava facendo ora con me.

Purtroppo non è  stato così con altri eritrei coi quali ho parlato, loro parlavano senza aver mai vissuto il colonialismo italiano, senza avere mai vissuto la guerra che portò l’Italia alla sconfitta…senza avere mai visto la crescita della loro città, Asmara, sorta sulle rovine di quattro villaggi sorti lungo le sponde del Maibelà, palazzi al posto di biet e tucul, la teleferica Massaua/Asmara spettacolare per funzionalità e ingegno riconosciuto in tutto il mondo, sostituzione a carovane  insieme a rete stradale e ferroviaria… solo per sentito dire sanno che l’europeo si affaccia in Africa solo per sfruttare e portar via tutto ciò che può.

L’Italia cosa ha portato via all’Eritrea? E cosa ha lasciato in Eritrea? Io personalmente ci ho lasciato il cuore e portato via un ‘esperienza indimenticabile e irripetibile. Tanti pensieri si sono affacciati alla mia mente nel rileggere descrizioni e nel riguardare  immagini che Protasio ha inviato a noi ex  coloniali fedeli amici dell’Eritrea.

Marisa Masini de’ Bonetti

Nago 28 ottobre 2017