I profughi della Seconda Guerra Mondiale

In quella immane tragedia che fu la Seconda Guerra Mondiale i primi Profughi furono i Coloni italiani residenti in Etiopia. Tradotti in quella Terra, da poco conquistata, a partire dalla seconda metà del 1936 furono trasferiti forzatamente dagli Inglesi in Somalia e da lì rispediti in Italia, circumnavigando l’Africa nell’aprile del 1941 alla caduta dell’Impero.profughi1

Consegnati a navi e personale italiano, rientrarono in Patria con quello che oggi verrebbe definito “un corridoio umanitario” a mezzo di alcuni transatlantici trasformati in navi per la Croce Rossa: le famose “navi Bianche”. Di questi viaggi ne abbiamo più volte parlato e non saremo qui a ripeterne la storia. Ma lo spunto per ritornare sulla faccenda ci è dato da una pubblicazione dei Missionari della Consolata di Torino.

La loro rivista pubblica un testo, che riportiamo alla lettera e due fotografie dei ragazzi che già frequentavano le loro scuole in Addis Abeba. Il Testo:

“Addis Abeba, Etiopia, anni '30

La ricorrenza dei 100 anni dei missionari e missionarie della Consolata in Etiopia (1916-2016) e stata per noi I ‘occasione per riguardare vecchie foto «di famiglia». Ne abbiamo trovate di straordinarie. Purtroppo non catalogate e quindi senza data e altre informazioni. Di sicuro precedenti al 1941, anno in cui i missionari sono stati espulsi dal paese per ritornarvi poi nel 1970.

Le due foto di questa pagina ritraggono alcuni ragazzi della scuoia italiana di Addis Abeba, probabilmente a fine anni '30. Se fossero ancora viventi, oggi dovrebbero essere ultra novantenni. Sarebbe eccezionale scoprire che alcuni di loro sono ancora vivi. In ogni caso, ricordarli e non solo bello, ma utile per ravvivare la memoria di un pezzo della nostra storia (quella coloniale e fascista) che abbiamo forse messo nel dimenticatoio. Una memoria vera può aiutare a evitare gli errori compiuti in passato. Un vostro nonno o nonna, zio o zia ha vissuto la sua infanzia in Etiopia? Lo riconoscete tra questi volti? Se si e ne conoscete la storia, condividetela con noi. Diamo un nome a questi volti. Raccontateci di loro. Scriveteci.”

Grati ai Missionari per il ricordo, confermiamo la data e prendiamo atto che anche i Missionari stessi subirono la stessa sorte, rientrando poi in Etiopia solo nel 1970. Poi la nota del conformismo, quasi a scusarsi dicono e sollecitano di ricordare perché: Una memoria vera può aiutare a evitare gli errori compiuti in passato. Non vi furono errori, reverendi Padri e Madri della Consolata perché all’epoca il Colonialismo oltre che allineare, tardivamente, l’Italia a tutte le altre Potenze, era considerato una necessità.profughi2

I ragazzi ritratti sono figli di contadini, non uno o pochissimi, i figli di chi aveva combattuto. I soldati (circa duecentosettanta mila), molti volontari, non avevano famiglie al seguito furono spediti dopo la Campagna d’Etiopia direttamente in Spagna, in aiuto del generalissimo Franco.

Le famiglie colà trasferite avrebbero dovuto colonizzare le vaste pianure tra Addis Abeba e Gimma, nel sud ovest del Paese, fertilissime ed allora scarsamente abitate. Furono illuse, coltivarono grandi speranze, subirono una cocente delusione e grandi disagi e dolori. Durante i trasferimenti circa duecento bambini perirono a causa di una sopraggiunta epidemia di morbillo, Trovarono sepoltura sotto le sabbie dell’Ogaden, alcuni in mare con le mamme quasi impazzite per la sorte toccata loro.

Si chiedono i Missionari se ancora qualcuno di loro è in vita, lo sollecitano a farsi vivo, per quel che ne sappiamo a Torino almeno due di questi Profughi ha vissuto, lavorato e tuttora abita a Torino; si tratta di: Marzio Bologna figlio dell’allora Governatore di Gimma ex dirigente di un Patronato e di Luisella Carosio ex insegnante e scrittrice che la vicenda l’ha raccontata in almeno una delle sue opere.

 Rivalta di To. Luglio 2018. Cristoforo Barberi