Giuseppe Ingegneri

L’AFRICANISTA

africanista

Giuseppe Ingegneri è nato ad Adria nel 1913. Nel ’35 parte volontario per l’Africa. Il continente nero, le sue donne, l’intera poesia africana gli danno il mal d’Africa e quindi, terminata la guerra, decide di rimanere: saranno trent’anni di vita e di avventure prima di ritornare in Italia. Nel 1939 espone alla prima Collettiva d’Arte di Addis Abeba. Nel 1940 esegue sculture per la Casa Cattolica di Addis Abeba. Poi, dopo tre anni di prigionia, tra insegnamento e mostre personali, fino al 1964 rimane in Eritrea. E’ in questo periodo che la stampa di Asmara pubblica recensioni e note critiche.

Carlo Franza così giudica il pittore e le sue opere:

Ingegneri lavora scartando le vane immagini, il divenire delle superfici, mentre deposita le immagini pesanti, centrali, plastiche, intime della materia, e come figura e come elemento cosmogonico.

Ha così creato un grande poema africano, insieme realistico e fantastico che si sente palpitare attraverso la respirazione tranquilla di questo mondo con il suo spessore fisico, il suo senso di peso, la sua oscura densità, ricco insomma di quelle forze interne che si condensano in eros.

Si pensi e si ammirano i densi paesaggi, le bagnanti e le ragazze etiopico-eritree che diventano il punto in cui l’immagine erotica e l’immagine terrestre coincidono; i cactus e i maestosi baobab che si oscurano e si induriscono in una verde roccia; i cieli carichi di pulsanti alternative tra il giorno e la notte; la luce libera e il groviglio oscuro e denso della pelle delle ragazze africane; la calma ondeggiante delle carovane di cammelli; gli aggregati sociali evidenti dai tucul nel bassopiano etiopico o le città di Adigrat, Massaua e Asmara.

(Mai Taclì N. 4-1989)