Eritrea 1940

 Le due madri all’Asmara

"...per la prima volta in vita mia ho scritto, in forma poetica, queste parole  provenienti
dai miei ricordi infantili, 
perchè si conosca cosa vuol dire "colonialismo",
 magari anche incolpevole."  Mario Ruffin

  

Occhi secchi, vitrei scavati, immobili verso nulla,

di neonato senza latte.

troppo inerti per chiudersi,Raro il respiro.

Afono vagito morente.

Palpebre coronate di mosche,su putenti lacrime saniose.

 

Ancora mi incombete,improvvise a lampi m’apparite,

nel sogno… nelle tristezze,a gelare, a interrompere pensieri,

dopo quasi un secolo alienatoda schizoide sfrontato spreco,

Cranio rigato nudo, scheletrito,coperto di pelle incollata.

 

Un lungo ombelico sporgerosso brunito dall’addome rigonfio.

Gli arti stecchi senza foglie.

Mani, piccoli fiori avvizziti cadenti.La Madre, per fame e per sete,

giace accasciata dispnoica.

Con fioca nenia cantilenante, porge secche pallide labbra

troppo corte ormai per coprirei giovani bianchi denti eritrei.

 

“Meschin…”. Quasi non sento."Meschin...". E porge il figlio.

 

Aperta sta la bocca oscura.La lingua, incollata, non sillaba,

di la dai denti soffianti non esce suono di voce,

ma affannato sospiro parlante.

Ero uno scolaro bianco, mi rode questo antico ricordo.

Tremando non distolsi lo sguardo:

“Mamma", piansi …"Lui ha due pipì”.

“Non guardare", disse mia madre", anche a lei la voce fu un soffio.

Aveva, come tutti all’Asmara,

girato lo sguardo dolente altrove.

Mario Ruffin