40° Anniversario
dall'espulsione dall'Eritrea-Etiopia
 
 
Sono passati ormai quarant'anni dall'espulsione degli Italiani da quelle terre.
A trent'anni da quell'evento è stato pubblicato sul Mai Tacli un resoconto drammatico di quegli eventi.
L'Autore ha potuto farlo perché dispone della testimonianza scritta dall'ultima funzionaria che abbandonò il nostro Consolato e scriveva a parenti residenti in Italia.
Se ne ripropone la lettura.
 
 

Agosto 1975 : L'epilogo

 

Ricordo un po' triste, ma mi sia per questa volta consentito.

Ricorre il trentennale dai giorni in cui avvenne la nazionalizzazione in Eritrea; la legge fu esplicita e concisa, non lasciava dubbi di interpretazione. Basta rileggere solo i primi tre articoli per coglierne il significato e capirne le conseguenze:

Art. I. Con questo proclama tutti i beni immobili passano al Governo.       

Art. 2. Nessuna persona o società o altro può avere in proprietà beni immobili.

Art. 3. Nessun indennizzo è dovuto per questa nazionalizzazione.

Correva l'anno 1975 ed al dieci agosto veniva detto agli stranieri (leggi Italiani, nel caso dell'Eritrea): potete andarvene.

Ma era solo l'epilogo, vediamo quali tristi vicende lo precedettero. Una cosa è certa: da quel giorno i rapporti tra Eritrei ed Italiani mutarono sostanzialmente. Da quella data il lavoro in comune, le aziende (quelle rimaste), l'interscambio quotidiano cessarono.

Da quella data iniziarono i soli rapporti ammessi dalla politica internazionale nell'ambito delle relazioni tra il nord ed il sud del mondo:Finanziamenti ufficiali, aiuti umanitari, cooperazione, organizzazioni volontarie, assistenza socio-sanitaria, militari per la pace, accoglimento ai profughi ecc. cose encomiabili ma di valore puramente simbolico.  '

Ma vediamo alcune fasi salienti che precedettero l'Agosto ,del 1975. Nel 1971 pel tramite di un commercialista di Asmara si chiede all'On. Mattarelli di presentare ali'allora Ministro Moro un progetto: rimborsare agli Italiani il controvalore dei beni nell'ambito dei cospicui finanziamenti che l’Italia elargiva ai paesi del terzo mondo  (U.S.$ 469 milioni nel 1969), perché le cose già si mettevano male; l'iniziativa partiva da alcuni agricoltori. Che cosa vuol dire cha ben settanta di loro, che coltivavano oltre seimila ettari di terra, erano già rassegnati a mollare? Che non vi erano più le condizioni perché i figli dei primi coloni (molti) potessero continuare a lavorare i soli beni che possedevano o che erano stati dati loro in concessione.

Se a questo punto di rassegnazione erano giunti quelli che tradizionalmente erano legati alla terra, quelli che sono i più tenaci ed appassionati: i coltivatori appunto, vi lascio immaginare lo stato d'animo degli appartenenti alle altre categorie (professionisti, artigiani, commercianti, dipendenti ecc.).

Le risposta del Ministro fu in linea con i canoni del "Politichese" nostrano : cauto ottimismo, l'opera della diplomazia, la speranza di un migliore avvenire, il rinnovato clima di amicizia italo-etiopico ,ecc ....

Ma ritorniamo al 1975; la Comunità Italiana che è ormai ridotta a sole cinque/sei mila persone, le più disperatamente attaccate o quelle impossibilitate ad abbandonare quella terra, dovrà affrontare l'ultima fase della nostra presenza: l'epilogo, la nazionalizzazione ufficiale dell'Agosto del 1975.

Il 28 Gennaio 1975 Asmara cade in mano alle truppe etiopiche come rivalsa al ribellismo eritreo; viene rispettato il copione di ogni guerra: morti (tra cui gli italiani Cordaro panificatore che si recava al lavoro e Vaccaro che mi sembra giusto ricordare pur nel rispetto dovuto a tutti gli altri), combattimenti per le vie, saccheggi, interruzione dai servizi pubblici primari, fenomeni di accaparramento, illeciti guadagni ecc.

Così che viene organizzato, dall'Italia, un: ponte aereo per il trasferimento della nostra comunità, il primo della storia. Ma gli Etiopici (bontà loro) non consentono l'atterraggio ad Asmara ma ad Addis Abeba per sfruttare gli aerei per portare militari da Addis Abeba verso Asmara e solo al ritorno consentire la fuga agli Italiani da Addis Abeba che faranno così duemila chilometri in più per raggiungere la Patria.

All’aeroporto dove donne,anziani e bambini dovevano avere la precedenza successe qualche episodio poco edificante da parte

di alcuni connazionali, a tanto era ascesa la paura e la voglia ormai di abbandonare.

Persino parte del Personale del Consolato abbandona Asmara in quei giorni.

La periferia e ormai deserta non più un italiano al Villagio 78, non uno a Ghezza-Banda, abbandonata la zona delle villette verso il nuovo aeroporto.

Asmara viene bombardata; la Cattedrale, la chiesa di Gaggiret, i collegi: La Salle,Sant'Anna e Comboni si riempiono di sfollati, i Missionari si prodigano -ancora una volta- a dare ricovero e sostentamento a cattolici e membri di altre religioni, a Italiani come ad Indiani, Eritrei e persino ad esponenti del clero copto. Suor Anna Amadio Di Matteo si prodigherà sino all’impossibile.

Si avvicina la fine del nostro sogno eritreo, ormai è un incubo, il naufragio che portava lo scafo alla deriva sin dall'Aprile del 1941 si compie, lo scafo si sfascia e cola a picco, ognuno si sente perso e cerca un relitto qui aggrapparsi. Verranno raccolti e salvati in questo senso: un passaggio per l'Italia, la qualifica di profugo, un rimborso dopo molti anni di circa un decimo dei valori persi ma solo, a fronte di una documentazione ineccepibile. I più vecchi,i più deboli raccolti in comunità ancora una volta dai nostri Cappuccini: figura di spicco Padre Ruffino, così gli irriducibili proseguono colà la loro vita con rassegnazione ma si tratta ormai di poche centinaia di persone.

Dal 10 agosto 1975 possiamo dire che si chiude definitivamente un'epoca, quella che fu la nostra era, la Storia volta pagina ed è quella che possiamo leggere tutt’ora.

Dall'acquisto della baia di Assab, del 15 Novembre l869 da parte del Prof. Sapeto per conto della Società di Navigazione Rubattino alla nazionalizzazione dei beni dell'Agosto I975 successiva allo sgombero dell'Asmara intercorre poco più di un secolo, l'arco di tempo e gli eventi che si succedono segnarono la nostra vita e non si possono dimenticare.

Rivalta di Torino lì 16 Giugno 2005.

(M.T. N°4-2005)          Cristoforo Barberi