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R I C O R D I

 

Ad Asmara ho passato la più bella fanciullezza che un bambino possa passare.
Andando a caccia di farfalle con mio fratello imparammo a riconoscere i bruchi che andavano ad appendersi negli anfratti dei muretti per diventare pupe; a volte neraccoglievamo alcune e le poggiavamo su ovatta in una scatola di scarpe bucherellata.
Abbiamo così assistito al bucarsi della pupa da dove usciva una farfalla tutta bagnata, e appena uscita, lentamente distendeva le sue ali; i nomi glieli davamo noi: La Pastasciuttina, la Giallina, Occhi Azzurri. 
Nel giardino avevamo 2 cani, uno era un vecchissimo levriero e l’altro, più piccolo, era quello che giocava con noi e c’era pure un’anitra selvatica che mio padre aveva ferito ad una zampa andando a caccia. Mamma mise a posto la sua zampa legandola ad una piccola stecca e per un giorno rimase nell’acqua della vasca da bagno, poi passò nella fontana del giardino.
Sul balcone c’era una grossa gabbia con tanti uccellini di mille colori  che mia mamma riusciva a prendere con le mani. Lo sportelletto della gabbia restava aperto così potevano uscire quando volevano.
Avevamo anche un cercopiteco bellissimo, con le guancette bianche.
Era talmente affezionato a mamma che se mio fratello le si sedeva sulle ginocchia, arrivava lei, gli tirava i capelli per farlo scendere e  si sedeva al suo posto. Sul comò della camera da letto c’era un vasetto con del borotalco ed un bellissimo piumino: come riusciva ad intrufolarsi lì si spolverava tutta di talco impolverando tutto il comò. Papà passando di lì la vide e  rimproverandola andò per cacciarla, lei svelta scappò a rifugiarsi sotto le braccia di mamma: ”Mamma mi Protegge”.
  Avevo uno spazzolino piccolino per lavarmi i denti; interessata mi guardò , mi prese lo spazzolino e fece come avevo fatto io…. così potei avere uno spazzolino più grande!!
Alcuni anni ho assistito alla cerimonia Copta del Mascal: arrivava una fila di preti copti nei loro ricchi abiti e davano fuoco ad un covone: a seconda da che parte cadeva indicava come sarebbe stato il raccolto dell’anno a venire.- Un inverno andammo a passare il Natale alla Concessione di Fil Fil. Scendendo dall’altipiano di Asmara vedevo sotto di noi tante isole in un mare di nuvole. Mi spaventai quando mi dissero che ci saremmo tuffati in quel mare e quelle che sembravano isole erano Ambe.
Finalmente giunti a Fil Fil passammo per un maestoso viale contornato da due file di bellissimi e altissimi Kapoc.
Ci venne incontro l’Eritreo guardiano della Concessione. La casetta dove abitavamo era composta di due camere: una centrale con un tavolo sul quale di notte papà lasciava acceso un “fanus” (cosi’ potente come un riflettore) dato che l’unica porta, di rete, aveva un grosso buco. Durante la notte passavano diversi animali come le iene. Pare che sia passato anche un leopardo. Dai due lati c’erano la camera da letto e dall’altro la cucina: a quell’epoca anche all’Asmara si cucinava sui fornelli a carbone.
Al mattino appena alzati uscivamo e di lato alla casa c’era un albero di mandarini molto grandi e succosi – penso di non averne più mangiati di così buoni. Al mattino venivamo svegliati dal canto degli uccelli, erano di tutte le specie, dai colibrì che succhiavano il nettare dei fiori, ai bengalini, e tanti, tanti altri; ce n’erano alcuni grandi come merli tutti gialli e altri più grandi ancora, come dei tucani.
Dietro a noi iniziava la foresta vergine, davanti a noi una bella piantagione di arance e mandarini e poi una di caffè.
I frutti avevano poca polpa ma erano dolcissimi. Fil Fil era veramente il Paradiso Terrestre. Credo di avere goduto la mia fanciullezza come pochi. 
Amo Asmara e L’Eritrea

Anna Maria Caso Malandrucco