EVVIVA  DEL  BOCA!

Dedicato all’eroico generale Amedeo Guillet, alla neo dottoressa Maria Vessichelli, figlia e nipote di cinque

valorosi ufficiali italiani e a tutti quei nostri militari ancora in vita che portano nel cuore e nel corpo i segni di un dovere compiuto e spesso misconosciuto.

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Caro Marcello, ti sarei grata se pubblicherai sul nostro Mai Taclì, trasferendoli  poi sul sito web, questo mio articolo seguito da tre altri nei quali si fa chiaro riferimento allo “storico ”Angelo Del Boca” di cui, affinché sia ancora più conosciuto, si sta pubblicando l’autobiografia.  Nel primo articolo, appartenente al Professore Giancarlo Stella, il  “personaggio” non viene indicato con nome e cognome, ma è facilmente identificabile dal titolo del suo libro “Italiani Brava Gente” che costituisce anche il titolo dello scritto del prof. Stella.

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Questo articolo, di grande interesse storico, apparso su “il Corno d’Africa” del 23 agosto 2008 segue nel tempo a una lettera del dottor Nicola Di Paolo pubblicata sullo stesso sito il 23 luglio 2008. La commento.

Il Dottor Di Paolo, prendendo spunto dallo stesso libro di Del Boca, critica costui in maniera blanda e gentile, facendo però netta distinzione tra i civili e i militari italiani, con tutto il biasimo per i secondi e le lodi per i primi, avallando  in questo modo le accuse del nostro “storico” contro il nostro esercito. A questo punto vorrei chiedere al dottor Di Paolo, e mi attendo da lui una risposta chiara e precisa, qual è la ragione per la quale oltraggia il buon nome e spesso l’eroismo dei nostri militari, e con essi gli ascari eritrei, anch’essi militari italiani?. A sentir Lei, caro Dottore, pare che i civili italiani avessero tutti l’aureola della santità, e perché mai? Anche tra loro vi erano i buoni e i cattivi. E tanto per parlare di distinzioni, Le cito la prefazione di Woldeab Woldemariam al libro “ERITREA COLONIA TRADITA” in cui egli distingueva gli imprenditori italiani cattivi dalla gente comune buona. Anche questo è un grande errore perché non si può accomunare tutti nello stesso calderone. Io vorrei, a questo punto, farle notare, caro Dottore, una sola cosa: se i nostri civili poterono costruire case, palazzi, edifici pubblici, se poterono creare aziende agricole, industrie di ogni tipo (anche se piccole), società commerciali e così via, poterono farlo, per lo meno fino alla fine della seconda guerra mondiale, perché politicamente veniva data loro la possibilità di muoversi in un determinato modo e di usufruire del sostegno politico e materiale della Madre Patria. E la maggior parte di quel che di “italiano”   ancora rimane in Eritrea, fu fatto allora. La cattedrale di Asmara, alla cui costruzione partecipò validamente Suo nonno, non credo fosse stata finanziata da lui! E così pure la grande Chiesa Copta, le Moschee principali di Asmara e di Massaua,  e così via. E questo non per fare dell’apologia! Non è il caso, ma solo per rammentare dati precisi e inconfutabili.  Inoltre la fratellanza e l’unione di sentimenti con le popolazioni locali e quanto realizzato a loro favore (scuole, ospedali, quartieri, interi villaggi, etc…) non avrebbe potuto compiersi se non fosse stato voluto “in alto loco”

 

La storia non si può cancellare!

 

Ed ancora, Lei scrive testualmente: “Gli Italiani in Eritrea ed Etiopia non parlavano mai di politica. E perché mai, caro Dottore? Forse questo succedeva a casa sua, ma altrove?. Non dimentichi che nell’Eritrea del dopo guerra esistevano rappresentanze di tutti i partiti politici italiani, dal Comunista al Movimento Sociale.  E perché negare che prima della caduta del fascismo la maggior parte degli italiani in Eritrea, come in Italia, erano fascisti? Per poi mutare improvvisamente di colore e di bandiera? Ricorda il libro di Arrigo Petacco: “Il comunista in camicia nera”? E le lotte politiche per l’indipendenza dell’Eritrea, che videro mio padre Dr. Vincenzo Di Meglio,  in prima fila accanto a personalità come Woldeab Woldemariam e Ibra him Sultan, perché dimenticarle?  E non mi dica che ad Asmara nessuno ne parlava!

E per finire – Lei continua ad elogiare il signor del Boca, chiamandolo “storico autorevole” e “valente studioso”. Già qualche anno fa mi permisi di criticare il termine “autorevole” da Lei usato nei riguardi del signor Del Boca.  (Mai Taclì N. 2-2002). Ancora una volta mi rifaccio alla buona lingua italiana per la quale “autorevole” è sinonimo di  “ degno di credito”,   “importante”, “qualificato”. Ma come può uno storico, che vuol chiamarsi tale, essere attendibile e qualificato se i suoi scritti sono asserviti a determinate idee politiche al punto da usare, come buone, fonti poco chiare ed attendibili , se non create a bella posta per sostenere questa o quella affermazione? E’ il caso inequivocabile di Angelo Del Boca, che ha infangato il buon nome dell’Italia e ha calpestato nel suo pentolone imbrattato di sangue tanti innocenti, civili e militari. E non solo, ma è anche per sua colpa e dei suoi pedissequi  scopiazzatori, se gli italiani cacciati dalla Libia e dall’Eritrea, non sono stati, per la maggior parte, indennizzati. E’ colpa anche di Del Boca se a tutt’oggi tanti italiani d’Eritrea sono ostaggi di quei pochi beni loro rimasti, “congelati” in quella terra d’Africa ove abbiamo profuso beni inestimabili e dove è grazie ai guadagni di tanti onorabilissimi eritrei che lavorano in Italia, è grazie a questi guadagni, ripeto, che tante famiglie eritree possono fruire  di cospicui aiuti.  In un mio scritto, trasferito nel sito internet di Mai Taclì, sono riportate alcune cifre riguardanti questo argomento.

E con ciò lascio lo spazio agli articoli del prof. Stella e del dott. Paolo Granzotto (“Il Giornale” 4/9/08 – 16/9/08) ed è con somma soddisfazione che, su un quotidiano importante qual è Il Giornale, vedo finalmente contestato il signor Del Boca in maniera chiara e inequivocabile. Benissimo dott. Granzotto!  Bella risposta  a quegli scrittori, anche indubbiamente qualificati, come l’ambasciatore Sergio Romano. Non rientrano tra costoro il pomposo prof. Labanca (una guerra per l’Impero) e il giornalista Carlo Lucarelli (il romanzo orribile “ottava dimensione”)

Affettuosi saluti a tutti

Rita Di Meglio