Perché Mai Taclì? 1966 (Il Sodalizio) 1975 (Il Giornale)

 

Dopo il rimpatrio nel 1950, per la verità, dopo il trasferimento in Italia, perché sono nato all’Asmara, avevo sempre continuato a mantenere i rapporti con i compagni delle medie e del liceo.
Con alcuni fraterni, con altri epidermici, ma sempre affettuosi.

L’Università prima, l’inserimento poi nella vita italiana, mi avevano costretto a rallentare i contatti “fisici”, e la progressiva scollatura, mi aveva indotto, e non poche volte, ad affermare che il “mal d’Africa” altro non era che una vuota espressione letteraria vanamente retorica, o nel migliore dei casi una manifestazione evidente di arteriosclerosi. Un giorno alla radio risentii una canzone: “Brasil” in edizione originale di Xavier Cugat. Mi trovai di colpo proiettato in aula, in prima liceo. C’era il professor “Papaia” per chi lo ricorda, che faceva lezione, e Nello Frosini.
Lui tambureggiava sul banco il tempo e io canticchiavo la melodia.

La caduta del silenzio improvviso _ sapete tutti come succede: un gran baccano e all’improvviso “il silenzio” – ci sorprese, e fra le risate degli altri finimmo sbattuti fuori. Ebbene lo stomaco mi si contrasse e fui pervaso da uno struggimento improvviso. Era il “Mal d’Africa”? No, no, certamente! Ero solo, di sicuro il “rimbischerimento”! Ma tanto bastò. Mi sfilarono davanti tutti.
E sentivo, vi assicuro, l’odore “d’Asmara”: degli alberi del pepe, del grano dietro la casa di Giulio Mariano, di Bet-Gheerghis, di Basciaul, della muffa sui massi al lago d’Acria, l’American Bar.
Come sto facendo ora, presi carta e penna e di getto contattai i più cari, quelli del cuore, per una riunione di amici asmarini a Firenze. Mi costò non poca fatica, perché a me era rimasto intriso nel naso in quel momento l’odore di Asmara, ma a loro no. Un po’ di insistenza e il male oscuro riesplose contagiandoli.

Si tenne la riunione: eravamo pochi. Piero Benvenuti, Pippo Belluso, Salvatore Carta, Domenico Causarano, Nello Frosini, Scipione La Sorte, Marcello Melani, Luigi Ramponi ed Umberto Volta.

Tutti compagni di ginnasio e di liceo. Ci riunimmo il 17 aprile del 1966 “a Feriolo”, un ameno poggio sulla collina fiorentina e fondammo la “MAI TACLI’”.

Era il nome di una piantagione di caffè, che nel bassopiano eritreo aveva il padre di Causarano, il signor Pellegrino, In tigrino vuol dire: “acqua pulita, o acqua di fonte fra le piante”.
Il nome era adeguato ai sentimenti che in quella occasione ci pervadevano. In più la considerazione che l’avere avuto una piantagione in Africa potesse essere il desiderio più o meno nascosto di tutti, ed almeno per noi il rimpianto di non averla posseduta, il dare alla nostra associazione il nome di quella dell’unico fra noi che l’aveva avuta, sarebbe servito a rendergli meno amaro il ricordo di averla perduta.

Lo scopo semplice dell’associazione era: promuovere ed organizzare incontri periodici fra noi, coltivare il sentimento della nostra amicizia; promuovere ed organizzare un giorno una gita a Mai Taclì.

In seguito indicemmo, con Marcello Melani, una seconda riunione. Questa volta eravamo di più. Vi parteciparono: noi della Mai Taclì e ancora: Ada De Nicolai, Vittorio Bellucco, Giuseppe Mancini, Franco Malpeli e la moglie, Paolo e Renzo Melani, Mario Maccari e Gino Colombatto. Successe nelle vacanze fra il Natale e Capodanno del 1969.

Tutto magnifico! Nel marzo successivo ricevetti da Roma una circolare di Fratel Tullio: mi comunicava che a Roma si era costituita una associazione di ex alunni delle scuole dei Fratelli Cristiani, ma il tentativo di riorganizzare un più largo incontro non credo ottenne un vasto consenso. In questi giorni, infine, Marcello Melani, a Milano per ragioni di lavoro ha fra l’altro incontrato i coniugi Girlando, asmarinissimi, i quali lo hanno messo a conoscenza dell’esistenza e delle attività di un’altra associazione di asmarini.

Questa volta una vera e riuscita iniziativa. Dall’incontro è scaturita l’idea di stampare un giornale con lo scopo di divulgare l’esistenza di queste associazioni, avere notizia di amici e conoscenti persi di vista, corrispondere fra noi, riordinare le fila per la concretizzazione di idee spesso rimaste allo stato di puro desiderio.

Io colgo subito l’occasione per sapere notizie di Pierino Camisasca, di Trillo Reffo, di Carlo Pollera, del mai dimenticato Carlino Pigliapoco. É inutile dire perché: sono tante le cose che i loro nomi mi fanno tornare alla mente, che dovrei occupare troppo più spazio di quello concessomi per queste brevi note.

Sapere di più di noi, dunque. Anche di quelli che sono oggi più noti: di Nando Cicero, il regista (Nando amico mio, “como tu dentro mio campo...”), di Gianni Bisiach per me, di Nico Fidenco (Domenico Colarossi, se non vado errato) di Anna Maria Miserocchi, di Renato Carosone, per altri. Non sappiamo mai niente di niente ed immaginare il sorriso di un amico è come avere la certezza che egli stia bene.

Ecco dunque perché nasce MAI TACLI’.

C’è sempre un po’ di gelosia per le proprie cose.
Spero che il nucleo sorto a Firenze non ce ne voglia per avere usato questo nome per il giornale.
Lo scopo è meritevole. Quanto al “Mal d’Africa” fate un po’ come credete. Male oscuro o “rimbischerimento” è qualcosa che ci emoziona e ci commuove. E tanto basta.


 Dino De Meo

 

“amici miei”

(dal primo numero del Giornale: Numero 1 Firenze, dicembre 1976)

 

Sono venuto a conoscenza, qualche tempo fa, dell’esistenza di un Club di Asmarini: “La Croce del Sud tutti di Asmara”. Sono stato a Milano e ho parlato a lungo con Gabriella Grassi Girlando, la quale, insieme ad altri, con meravigliosa passione, dedica il suo tempo libero alla vita del Club, alla organizzazione degli annuali raduni e altre iniziative. Non mi ha sorpreso il grande numero di aderenti, i quali non possono non sentire quello che, in fondo, sento anch’io.
Il principale ostacolo, secondo me, per far vivere di vita più prospera questa” comunità” di amici, tutti uniti dallo stesso sentimento e, perché no, dalla medesima nostalgia, è la distanza che separa gli uni dagli altri. Asmarini ve ne sono in tutta Italia: da Milano a Palermo, da Venezia a Bari e così via.

L’annuale raduno organizzato dal Club rappresenta naturalmente un avvenimento fantastico, indispensabile. Da queste considerazioni è maturata l’idea di creare questo foglio, suscettibile di diventare un periodico trimestrale, bimestrale o addirittura mensile a seconda del successo che otterrà. 
Un giornalino nostro che arriva a tutti, ovunque, anche all’estero, ha il potere di avvicinare gli uni agli altri, ha il potere di informare, di trattare argomenti che ci stanno a cuore, di rivederci attraverso le foto, di riprodurre, insomma – aimè quanto sbiadita! – quell’atmosfera asmarina che, in fondo, ci induce a creare e a partecipare a queste fantastiche iniziative, a rievocare ricordi cari, momenti indimenticabili, a risvegliare passioni, emozioni.

In più potrà avere anche un fine pratico, come per esempio creare una specie di “patto” di solidarietà fra Asmarini, aiutando chi ne ha bisogno o dar vita a varie iniziative, senza intralciare, anzi potenziando e collaborando attivamente a quelle già in programma e in sviluppo presso il suddetto Club, che siano esse turistiche, culturali etc….Insomma, innumerevoli potranno essere gli sviluppi di questa idea, che spero voi tutti approverete. Ho qui davanti a me il lungo ma incompleto elenco degli aderenti che mi ha passato Gabriella Girlando. Quanti ricordi, quanti amici!  Il primo fra tutti, il mio primo amico, vicino di casa di quando arrivai all’Asmara, nel 38, Mario Riccoboni (ti ricordi il carro armato di latta?) e poi Favini, Andreasi e inoltre Lauro Peretti (si ricorderà certo di “Pallino” e ancor più di “Bobby”) e di tanti altri.

Li ricordo tutti con piacere e nostalgia. Il prof. Mollica, direttore tecnico del Ghezzabanda (Rosa, Melani, Spiga: il trio difensivo). Sono passati 28 anni, un’intera vita! Ma l’elenco, come ho detto, seppure lungo, è incompleto. Mancano tanti amici. Uno dei primi obiettivi di questo giornale è quello di riunirli tutti.

Passiamo al lato “vile” di questa faccenda. Guadagni non m’interessa farne: ho il mio lavoro e mi contento. Vorrei però rimetterci – e questo lo faccio con entusiasmo - solo il mio tempo libero. Pertanto appare evidente che vi chiederò una piccola quota di abbonamento che basti per far vivere questo nostro giornale.

I particolari ve li illustrerò la prossima volta dopo che avrò ricevuto i vostri consensi. Saranno questi consensi, se e quanti saranno, che mi sproneranno a continuare. Aspetto quindi una modesta cartolina con su scritto: “va bene ci sto”. La quota, non spaventatevi, non supererà certo le 3000 lire annue.

Inoltre, per realizzare il secondo numero ho bisogno del vostro aiuto: mi sarà indispensabile la vostra collaborazione con l’invio di articoli, notizie, foto rievocazioni, racconti, indirizzi e tutto ciò che riterrete possa interessare gli asmarini. Io, fino a pochi anni fa avevo una litografia e un giornale sportivo e fino ad allora sono sempre stato in mezzo alla carta stampata. Un bel giorno mi sono stufato e ho piantato tutto. Basta – dissi – con la stampa! Pensare di scrivere per gli asmarini – potenza del retaggio – mi ha sedotto a tal punto che sono disposto a venir meno, con piacere, a questa mia “inderogabile” decisione.


 Marcello Melani