Noi di Asmara
 
Noi di Asmara siamo una specie in via di estinzione. Il mondo al quale appartenevamo è finito intorno al 1975, per cui i giovanissimi fra noi hanno ormai superato i 35 anni e non ne nascono più. Ma cosa c'è di tanto diverso in noi? In teoria niente, in pratica il fatto di appartenere a una particolare "tribù" di italiani nati in una ex colonia e cresciuti in un ambiente sociale allo stesso tempo molto uniforme e molto diverso. Un po' come una comunità insulare o isolana ma a contatto con un caleidoscopio di "tribù" diverse e aperta al mondo.
 Gli italiani di Asmara, dagli anni cinquanta in poi, erano poche migliaia, non più di una dozzina. Ma era come se fossero centinaia di migliaia, visto che tenevano in vita due quotidiani, un settimanale e diversi periodici in lingua italiana, una mezza dozzina di club, un paio di filodrammatiche, tornei di calcio e di pallacanestro e un sistema scolastico che cominciava con l'asilo Montessori, proseguiva con scuole elementari, medie e professionali, liceo, istituto tecnico per ragionieri e geometri e università.
 
Scuole frequentate tanto da italiani quanto da alunni di molte altre nazionalità, non soltanto da cattolici ma anche da ebrei, musulmani, copti e agnostici.
Ognuno di noi aveva amici di nazionalità e religioni diverse, bianchi, neri e così così. E su tutto incombeva la Kagnew Station, base militare americana in cui vivevano alcune migliaia di giovani in divisa a stelle e strisce che pure interagivano con la comunità italiana ed esercitavano sulle ragazze il fascino infallibile della divisa, tanto che spesso sposavano ragazze italiane.
 Tutto questo dava vita a una comunità in cui esistevano condizioni estremamente favorevoli alla valorizzazione delle doti individuali. Non per niente qui mossero i primi passi nelle rispettive carriere Renato Carosone, Nico Fidenco e Remo Girone, tanto per citare i più noti. Qui si formarono professionisti di successo e tanti dei geometri che hanno costruito strade, ponti, dighe e grattacieli in tutto il mondo. Qui si è sviluppato quel senso di orgoglio e di appartenenza che è parte dell'essere asmarini.
 I più romantici fra noi vi racconteranno che eravamo tutti come fratelli e tutti brave persone. Voli di fantasia. Non è vero, almeno per quelle che sono le mie esperienze personali. Tutti avevamo amici e nemici, tutti abbiamo conosciuto brave persone e mascalzoni, tutti abbiamo sperimentato grandi amicizie, ma anche invidie e rivalità. Ma tutto avveniva in modo estremamente civile, fra persone che, grazie all'uniformità del tessuto sociale, erano in grado di comprendersi meglio di quanto accadesse in comunità culturalmente e socialmente più frammentate. E i galantuomini erano di gran lunga più numerosi dei mascalzoni.
 Questo sì.Essere asmarini era ed è per noi come un titolo di nobiltà, uno di quei titoli che valgono per i monarchici e per nessun altro. Essere asmarini è importante per noi e non ci aspettiamo che lo sia per nessun altro. Ma ci fa piacere quando qualcuno che ci è appena stato presentato ha un moto di sorpresa e dice: "Asmarino? Gente speciale". Un po' come quando nei film di Alberto Sordi e di Gassman l'odiato nemico alla fine era costretto ad ammettere: "Italiani, brava gente". Eh sì, perché noi siamo ferocemente italiani, ci siamo nutriti di amor di patria fin dal biberon e continuiamo a farlo nonostante le amarezze che ci vengono propinate ogni giorno dai politici nostrani, dai mafiosi, dai corrotti, dagli infingardi, dai connazionali che ritengono che essere furbi sia più vantaggioso che essere onesti. Ecco, noi asmarini siamo così.
 Questa pagina è per noi della diaspora asmarina. Un luogo per raccontarci. Ce ne sono altri - Mai Tacli, Chichingiolo, La Salle, eccetera - e forse non si sentiva il bisogno di questo, ma anche noi abbiamo voglia di raccontare le nostre storie e di offrire ad altri asmarini lo spazio per farlo. Uno spazio in più per far sì che la nostra tribù non scompaia senza aver cercato di capire cosa la rendeva diversa e senza aver tentato di spiegarlo a quelli che non hanno avuto la fortuna di nascere asmarini.
 
Gli italiani di Asmara non si distinguevano in polentoni e terroni, lombardi, veneti, siciliani o napoletani. No, le distinzioni erano altre, più attinenti alle stratificazioni sociali del posto. Gli italiani potevano essere "vecchi coloniali" se erano arrivati quando l'Eritrea era ancora una colonia italiana, oppure semplicemente "nazionali" se erano di immigrazione più recente. Poi c'erano gli "insabbiati", quelli cioè che si erano fatti una (o un'altra) famiglia con una donna indigena, mentre quasi mai accadeva, ma accadeva, che fosse una donna italiana a prendersi un marito indigeno. Un'altra categoria era quella dei "concessionari", alla quale appartenevano coloro che si erano dati all'agricoltura o all'allevamento. Siccome le terre non potevano essere acquisite in proprietà ma si ottenevano in "concessione",loro erano automaticamente "concessionari". Anche mio padre fu "concessionario" subito dopo la guerra, ma senza grande fortuna. Famose famiglie di concessionari erano i Marazzani, gli Ertola e soprattutto i De Nadai che crearono un vero impero mondiale di produzione, esportazione e importazione di prodotti agricoli e alimentari in generale.
 Nella comunità italiana rientravano, ed erano accettati senza alcuna discriminazione, anche coloro che avevano uno soltanto dei genitori italiano. In questo caso la classificazione era più complicata e abbastanza empirica. Ai miei tempi e nel mio ambiente un italiano di sangue misto poteva essere un mulatto, un meticcio o un creolo. Fra i miei amici più cari ve n'erano di tutte e tre le descrizioni e molti di loro considero fra le persone più degne che io abbia conosciuto nella mia vita.
 Un meticcio era figlio di un italiano e di una donna indigena, così come poteva avere il padre indigeno e la madre italiana, ma, come ho detto, non ho mai conosciuto nessuno con questo stato di famiglia. Era meticcio anche il figlio di due meticci.
Un creolo era invece un figlio di madre o padre italiano e di madre o padre meticcio. Un mulatto, infine, aveva uno dei genitori meticcio e l'altro indigeno.  Queste distinzioni non servivano a dare maggiore o minore italianità alle persone, ma soltanto a inquadrarne immediatamente la composizione del nucleo familiare. Molte delle migliori famiglie italiane dell'Eritrea erano di sangue misto e anzi occorre dire che, come spesso accade, l'apporto genetico di due origini diverse dava spesso origine a individui estremamente intelligenti e di bella presenza.
 Ma erano poi veramente persone speciali questi asmarini? Naturalmente dovrei dire di no, per non darmi delle arie, ma mi sembra più onesto dire di sì, perché sono veramente convinto che gli asmarini fossero speciali. E non perché lo dico io ma perché a me lo hanno detto centinaia di sconosciuti che hanno incontrato altri asmarini sparsi per il mondo e immancabilmente mi hanno parlato di loro definendoli persone speciali.
E chi sono io per dare torto a così tanti testimoni?
 
 Ciro Migliore