Chi davvero affama

i bambini dell’Etiopia

 Ho ricevuto nei giorni passati alcuni messaggi di posta elettronica (vergogna!) che condannano aspramente la Nestlé per la richiesta di un risarcimento per danni all’Etiopia accusandola in sostanza, di voler “affamare” i poveri bambini. E’ la solita offensiva verso le multinazionali che sono diventate, agli occhi senza orizzonti di alcuni, gli unici responsabili della fame e del disastro economico dei paesi in via di sviluppo.

Non sono né azionista della Nestlé né di nessun altra impresa, nemmeno della FIAT, e quindi non traggo nessun vantaggio a difenderne gli interessi.

Ma, attenti, cerchiamo di ragionare con il nostro cervello e domandiamoci: “ma davvero la Nestlé o qualche altra (pubblicità disastrosamente negativa  per il loro marchio) chiederebbe i danni sottraendoli alla bocca di bambini che muoiono letteralmente di fame?

Rispondetevi e leggete questo articolo.

Marcello Melani

 

La Nestlé viene  messa sotto accusa, ma nessuno incrimina i capi politici locali corrotti.

   di  Giampiero Cantoni (Docente di economia internazionale e senatore di Forza Italia) - da   Panorama del 16/1/2003

 

So di correre un rischio scrivendo quello che ho in testa: di passare per il nemico dei bambini che muoiono di fame, aggiungendo il mio tallone a quello delle multinazionali che premono sullo stomaco dei poveri. Sarò temerario, ma confido nell’intelligenza dei lettori.

Il caso è questo. Nel 1975 fu nazionalizzata una fabbrica tedesca dal governo di Addis Abeba. La Nestlé ha fatto causa per danni, visto che era roba sua. Il governo etiopico fa sapere di essere disposto a pagare un milione e mezzo di dollari. La Nestlé non si accontenta, punta a 6 milioni.

Tutti noi istintivamente pensiamo: è una vergogna. L’Etiopia muore di fame e tu le porti via il denaro per il latte dei piccini? Nestlé crudele: così ragionano certi giornali. Il quotidiano La Repubblica ha questo titolo in prima pagina: “Nestlé contro il paese più povero”. Ancora: “Il gigante del cibo chiede 6 milioni di dollari all’Etiopia, nazione con 11 milioni di affamati”. Nelle pagine interne ci sono le foto di bambini dagli occhi grandi e imploranti.

Vorrei affermare qui un pensiero che vorrebbe capovolgere la frittata: fa bene la Nestlé a tenere duro proprio per motivi etici, perché condonare i debiti ai governi corrotti di alcuni paesi poveri aiuta a uccidere i bambini. Mi rendo conto di passare per un avvocato dei ricchi, ma qui i contendenti sono entrambi ricchi. Da una parte ci sono funzionari svizzeri, dall’altra signori della guerra in Corno d’Africa ancora più ricchi. Questa è gente che ha sempre adoperato la povertà dei propri sudditi per giustificare aggressioni contro i vicini, acquisti di armi in grande stile e alla fine il buon diritto a intascare gli aiuti internazionali senza far nulla per il popolo.

Dobbiamo imparare a capire che i governanti di paesi dall’incerta democrazia non c’entrano nulla con chi abita nei loro territori. Aiutare loro significa crearci alibi: abbiamo già dato, abbiamo condonato un debito, siamo bravi e buoni. Ci sono cifre spaventose che lo documentano.

L’Etiopia ha 44 milioni di abitanti ed è uno dei paesi al mondo con la vita media più bassa (circa 40 anni): secondo Nigrizia versò nelle casse di Cina e Russia 600 milioni di dollari in ordinativi militari alla fine degli anni Novanta. Ora fanno sapere le organizzazioni umanitarie che quei 6 milioni di dollari richiesti dalla Nestlé salverebbero un milione di persone. Figuriamoci... Sarebbero denari sottratti ad acquisti di carri armati e portati via ai conti privatissimi dei leader. Anzi, probabilmente salverebbero sì dei bambini. Mi spiego: la Nestlé garantisce di investire quei 6 milioni di dollari in Etiopia. Produrrebbe cibo che rimarrebbe da quelle parti. E allora? Viva la Nestlé.

Probabilmente, nel momento in cui leggerete queste righe, la campagna contro la Nestlé rischierà a tal punto di danneggiare il marchio che la multinazionale adotterà la più classica delle strategie buoniste e condonerà il debito. Oh, come saranno contenti quei bambini denutriti.

Detto questo, dinanzi a tragedie come quelle della carestia nel grande paese verso cui abbiamo legami (e debiti) storici, è bene che ci si mobiliti come capitò nel 1985. Ronald Reagan promosse una campagna formidabile per sostenere quei popoli infelici. Noi gli andammo dietro. Però non bisogna permettere che finisca come allora. Passò un anno e la guerra contro l’indipendenza dell’Eritrea riprese con dispendi immensi di dolori e denari. Infine, costituitasi Asmara in stato, si procedette ad azioni belliche più classiche e devastanti (200 mila morti).

Cattiva Nestlé? Cattivi siamo noi se non esportiamo democrazia e continuiamo con una carità pelosa che ingrassa i locali padroni del vapore. Ci si appoggi piuttosto su missionari e si sia generosi assai. Ma i capi politici paghino i debiti.

 (Mai Taclì N. 1-2003)