Quel giorno che ho conosciuto Amedeo Guillet:
il “Lawrence d’Arabia” italiano

 

L’11 giugno 2008 è stata per me una data memorabile perché, come appare nel titolo, ho conosciuto un uomo che è entrato nella leggenda. Le sue gesta fanno già parte della storia d’Italia, ma talvolta storia e leggenda si fondono. A pagina 40 del mio libro “28 novembre 1942: una tragedia in mare - Il piroscafo inglese NOVA SCOTIA – Inchiesta sull’affondamento” si legge la seguente nota:
Fu denominato il “Lawrence d’Arabia dell’Africa Orientale Italiana”. Le alterne vicende della sua vita avventurosa lo portarono prima a combattere contro gli Inglesi in Africa, per poi prendere parte, anni dopo, alla guerra di Liberazione in Italia. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu inviato dal Governo della Repubblica Italiana come ambasciatore in vari stati. Il 6 novembre 2001 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì ad Amedeo Guillet la Gran Croce dell’Ordine Militare d’Italia. Nella motivazione si legge: “Luminoso esempio di cittadino e di soldato, fedele servitore dello Stato e benemerito della nazione, da additare alle future generazioni”.
Ho saputo per caso che questa persona, così famosa per tanti e nello stesso tempo così lontana dalla mia sfera d’azione, si trovava a Roma. Risiede normalmente in Irlanda e viene nella nostra città solo saltuariamente, trattenendosi per poco per impegni vari. Non mi è stato difficile entrare in contatto con la sua segretaria e fissare un appuntamento. L’incontro è stato molto piacevole e non vi nascondo che ero molto emozionato. Pur essendo avanti negli anni (nel 2009 ne compirà cento!) è in buona salute, molto lucido, simpatico e cordiale. Parla volentieri del suo passato e racconta anche degli aneddoti curiosi che pochi conoscono. Gli ho donato una copia del mio libro ed ho scattato anche delle fotografie.

Voglio riportare brevemente le fasi più salienti della sua lunga vita.
Nato a Piacenza nel 1909 da una nobile famiglia piemontese con forti tradizioni militari e sabaude, frequentò l'Accademia Militare di Modena, dalla quale uscì, nel 1931, con il grado di Sottotenente di Cavalleria del Regio Esercito Italiano. Venne assegnato al reggimento "Cavalleggeri di Monferrato", dimostrando ben presto spiccate qualità militari e, soprattutto, di cavaliere, tanto da figurare tra i quattro ufficiali che avrebbero costituito la squadra italiana di equitazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Ma quando nell’ottobre del 1935 iniziò la conquista dell’Etiopia il Tenente Guillet, che non era fascista ma profondamente militare fedele ai Savoia e all’Italia, decise che la campagna di guerra aveva priorità sulle Olimpiadi.

Ritornato in Italia dopo la conclusione della campagna etiopica si arruolò come “volontario” e partecipò alla guerra civile in Spagna nel 1937. L’Italia non aveva dichiarato guerra e, per ragioni diplomatiche, i militari vennero fatti passare come volontari. Per Guillet sarà il primo di numerosi travestimenti. Indossando i pantaloni alla zuava si introduce in Spagna sotto falso nome, si chiama Alonso Gracioso. Amedeo guidò eroicamente l’assalto che portò alla conquista di Santander: sarà lo stesso generalissimo Francisco Franco a premiare il suo valore.

Il Comandante Diavolo

Rientrato in Italia, poco prima dell'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, nel 1939 il tenente Guillet venne inviato in Eritrea e fu nominato comandante di un’unità militare multietnica di 1700 uomini, composta da elementi di origine etiope, eritrea e yemenita. E’ da notare che quell’unità aveva la consistenza di un reggimento, che normalmente viene affidato ad un colonnello e non certo ad un tenente. Guillet aveva il compito di operare, in massima autonomia e libertà d'azione, contro la guerriglia nella regione nord-occidentale dell'Eritrea. Durante un’azione in campo aperto, il suo cavallo venne colpito ed ucciso. Gliene viene dato un altro e quando anche il secondo quadrupede fu colpito, Guillet, trovandosi appiedato, si mise ai comandi di una mitragliatrice e sparò agli ultimi ribelli rimasti sul campo. Fu allora che i suoi soldati indigeni lo soprannominarono "Comandante Diavolo" (nella lingua locale “Cummandar es Sciaitan”) perché erano convinti che godesse di una sorta di immortalità. Ben presto la fama del “Comandante Diavolo” si diffuse rapidamente in tutta l'Africa Orientale Italiana, soprattutto negli ambienti militari. Per questa azione coraggiosa le autorità italiane gli conferirono la medaglia d’argento al valore militare.
Il giovane Tenente Guillet aveva uno stile di comando "democratico" che non era ben visto tra i militari perché non consueto per quell'epoca. I soldati nativi erano trattati con dignità e rispetto, ed egli permetteva loro di mantenere e curare i rispettivi usi e costumi. Questo modo nuovo di trattare i subalterni diede però i suoi frutti: tra i suoi soldati, infatti, non si verificò mai un caso di diserzione, né ci furono contrasti tra gli appartenenti delle varie etnie e fedi religiose. Ai suoi uomini era permesso di portare sempre al seguito i nuclei familiari, come dettato dalle tradizioni locali.

E’ doveroso raccontare l’episodio eroico che avvenne nel gennaio del 1941. Al tenente Guillet venne ordinato di fermare in qualsiasi modo l’avanzata della Gazelle Force inglese, che si apprestava ad accerchiare le truppe italiane, in ritirata verso Agordat in una situazione disperata. Al comando dei suoi cavalieri, dotati di armi bianche, fucili, pistole e bombe a mano, Guillet sorprese alle spalle le colonne blindate degli Inglesi e le attaccò, creando grande scompiglio e costringendoli a fermarsi, ritardandone così l’avanzata. Questa azione fu possibile a costo di gravi perdite nel gruppo di Guillet, ma questo sacrificio permise alle truppe italiane di attestarsi nelle fortificazioni di Agordat. Guillet viene ancora ricordato dagli Inglesi come l’ufficiale che ha guidato una carica di cavalleria contro i carri armati. Quest’uomo coraggioso sprezzante del pericolo, fedele agli alleati e rispettoso del nemico diventa una leggenda. Naturalmente gli Inglesi, più numerosi e meglio armati, ebbero in seguito il sopravvento. Dopo la battaglia di Cheren, che finì il 26 marzo 1941, le truppe inglesi entrarono ad Asmara il 1° aprile 1941 e di fatto la colonia Eritrea fu occupata. Successivamente con la resa di Gondar, il 27 novembre del 1941, cessarono ufficialmente le ostilità in tutta l’Africa Orientale Italiana ed ebbe inizio l’occupazione britannica.

La guerra “privata” del Comandante Diavolo
Secondo il diritto internazionale di guerra non si può continuare a combattere dopo la firma della resa, ma Guillet non accettò mai questo fatto, per lui quasi “disonorevole”, ed iniziò a combattere una sua personale guerriglia contro gli Inglesi non più come ufficiale del Regio Esercito, ma spogliandosi dell’uniforme. Fu costretto a nascondersi, ad indossare il turbante e il tipico abbigliamento indigeno e grazie ai suoi tratti mediterranei e alla conoscenza perfetta della lingua araba per tutti è Ahmed Abdallah al Redai. Inizia così la leggenda del Comandante Diavolo. Alla testa di qualche centinaio di fedelissimi soldati di varie etnie locali, fece improvvise incursioni su convogli ferroviari, depositi di munizioni, ponti e gallerie, rendendo insicure tutte le vie di comunicazione. Combatteva cioè la sua “guerra privata” che teneva impegnati un gran numero di soldati inglesi, alle prese con un nemico invisibile molto mobile ed imprendibile. Gli Inglesi scatenarono allora una gigantesca caccia all’uomo mettendo anche sul suo capo una taglia di mille sterline d’oro. Mai nessuno tradì Guillet, nemmeno i capi tribù tradizionalmente ostili agli Italiani. Alla fine del 1941 Guillet si rese conto che la sua guerra privata non aveva più senso e sciolse perciò il suo gruppo e si diede alla macchia, con lo scopo di tornare in Italia.

Era importante ora sfuggire agli Inglesi, cambiò perciò più volte identità, si vestì come gli indigeni e fece vari mestieri come scaricatore di porto, acquaiolo. In questo modo riuscì ad eludere la sorveglianza degli Inglesi e ad attraversare il Mar Rosso e a raggiungere lo Yemen. Dopo un anno di permanenza in quel paese, il capitano Guillet riuscì a rientrare in Italia il 3 settembre 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si recò a Brindisi e si mise a disposizione del Re Vittorio Emanuele III. Fu accorpato nel nuovo Esercito Italiano, fu promosso maggiore per meriti di guerra e fu impiegato nel servizio informazioni.
Alla fine della guerra, dopo il referendum che sancì la vittoria della repubblica sulla monarchia, Guillet fedele a Casa Savoia, si dimise dall’Esercito e si presentò al Re Umberto II che era in partenza per l’esilio. Questi però lo congedò facendogli notare che il suo dovere era di servire l’Italia con la sua nuova forma di governo. Guillet, che per tutta la sua vita aveva servito la monarchia sabauda, si arrese ai nuovi eventi storici e decise di mettersi al servizio del nuovo stato repubblicano.
Conseguì la laurea in scienze politiche, vinse il concorso ed intraprese la carriera diplomatica. La perfetta conoscenza della lingua araba, il suo passato militare, la sua competenza nel campo dell’equitazione, gli furono di notevole aiuto nell’espletamento degli incarichi diplomatici. Fu segretario di legazione all’Ambasciata del Cairo, incaricato d’affari nello Yemen, ambasciatore in Giordania, in Marocco e in India. La sua carriera diplomatica si concluse nel 1975 per sopraggiunti limiti di età.
L’onorificenza assegnatagli nel 2001 dal Presidente Ciampi va ad aggiungersi ai numerosi riconoscimenti ottenuti da diversi Stati esteri, compreso il Vaticano. Oggi l’ambasciatore Guillet vive in Irlanda in una grande tenuta di campagna e si dedica alla sua grande passione: l’allevamento dei cavalli.

Rai Educational, direttore Giovanni Minoli, ha dedicato recentemente un interessante servizio ad Amedeo Guillet, consultabile sul sito www.lastoriasiamonoi.rai.it, che consiglio vivamente di non perdere anche per sentire i suoi simpatici interventi.


Tullio Mascellari
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www.tulliomascellari.com

 

BIBLIOGRAFIA

- “La guerra privata del tenente Guillet” di Vittorio Dan Segre, ed. Corbaccio, Milano 1993;
- “Amedeo - Vita, avventure e amori di Amedeo Guillet, un eroe italiano in Africa Orientale” di Sebastian O’Kelly, Rizzoli, 2002