Quel buon livello di prosperità


Caro Direttore, viaggiando tra i siti internet e leggendo corrispondenze giornalistiche, mi capita di imbattermi, quasi sempre, in accaniti sostenitori o altrettanto accaniti detrattori degli attuali governanti eritrei. Eppure tutti sanno che nessun governo, di qualsiasi tipo esso sia, è mai totalmente negativo. Inoltre, se gli eritrei non si lasciano trascinare in colpi di stato per rovesciare il regime, vuol dire che apprezzano, in tutto o in parte, ciò che viene realizzato nell’interesse del paese.

A me piacerebbe leggere un’inchiesta basata su fatti reali analizzati nel loro contesto storico / temporale senza interpretazioni e elucubrazioni troppo spesso dettate da simpatie e/o antipatie o, ancora peggio, da pregiudizi dettati dalle proprie convinzioni personali e tendenti a distorcere la visione complessiva della situazione.

Gli ex asmarini che ritornano dai loro viaggi della memoria sono leggermente patetici quando reiterano i loro racconti di Asmara città linda e tranquilla anche di notte, della loro commozione nel rivedere la “loro” casa e la “loro scuola” e sfoderano album fotografici che ritraggono sempre e comunque i luoghi a loro cari. Nessuno che mostri fotografie di villaggi, di campagne, di opifici, di concessioni....Raccontare un paese significa farlo vedere da tutte le angolazioni senza lasciarsi andare a un sentimentalismo un po’ di maniera. Sarebbe come raccontare l’Italia avendo visitato soltanto Firenze.

Anche alcuni fotografi “professionisti” compilano album di splendide immagini di panorami, primi piani di tipi etnici, di colorati costumi cerimoniali... ma sono fotografie senza tempo, scollegate dalla realtà contingente e attribuibili a qualsiasi paese tanto è vero che hanno bisogno di didascalie, ben lontane da quei documentari che sviscerano anche gli aspetti crudi e difficili, la povertà e gli stenti di un continente che tenta di scrollarsi di dosso decenni di arretratezza.

A me piacerebbe conoscere le realizzazioni del paese nel campo delle infrastrutture, della sanità, della scuola, della ricostruzione dei villaggi distrutti dalla guerra, del reinserimento di mutilati e degli orfani di guerra, dello sport, dell’ammodernamento dello stato... mentre non sono affatto interessato alle faccende politiche interne che sono materia esclusiva degli eritrei.

Insomma, vorrei una bella panoramica equilibrata del paese dove ho vissuto circa quarant’anni e che mi piacerebbe riconquistasse quel buon livello di prosperità che aveva raggiunto prima che la trentennale guerra di liberazione, prima, e le guerre con l’Etiopia poi, lo costringessero a ricominciare tutto daccapo.

E’ ovvio che per un paese povero come l’Eritrea l’impresa si presenta estremamente ardua e devono necessariamente essere fatte delle scelte prioritarie che, more solito, accontentano una parte e ne scontentano un’altra e, per questo, sarebbe bello poter mettere sui piatti della bilancia il pro e il contro prima di lasciarsi andare ad affermazioni che possono risultare avventate alla luce dei fatti.

In attesa che il Mai Taclì si dedichi a questa opera meritoria, ti saluto cordialmente.

Angra

(Mai Taclì N. 6-2004)