Ricordando la Dolce Vita in Eritrea

di Jeffrey Gattleman

  Eravamo coperti di fuliggine, seduti su panchine dure come pietra, accaldati, sudati, mentre avanzavamo lentamente a otto chilometri l’ora. Ma ci stavamo

godendo ogni minuto che passava su un treno a vapore costruito dagli italiani quando l’Eritrea era il gioiello della loro corona africana, e che si arrampicava, stuffo dopo sbuffo, per le montagne. Dalla finestra si distingueva un panorama inondato di sole, non ancora toccato dalla modernità: muri di pietra, cascatelle, bambini che trascinavano alla cavezza cammelli, donne con bellissimi capelli intrecciati e anelli d’oro al naso che arrancavano per sentieri montagnosi.

Il cielo era assurdamente blu, sembra che sia sempre così da queste parti, e dalla ferrovia a 2500 metri dal livello del mare noi potevamo spaziare per centinaia di chilometri in tutte le direzioni.

L’Eritrea nel bene e nel male appare come una nazione chiusa in una capsula temporale. Visitandola sembra di passare le vacanze in un negozio di antiquariato. Anziani con inappuntabili cappelli a larghe tese e antiche ombre italiane aleggiano in Harenet Avenue, il viale principale, ornato di palme, di Asmara, la capitale. La città è una vetrina dei più stravaganti esempi di Art Decò degli anni 30, perfettamente conservati dalla fine aria del deserto. C’è il cinema Impero, costruito nel 1937, che sembra un circuito elettrico stampato. E il Bar Zilli con i suoi muri curvi e gli oblò. E tutto questo non è un museo, ma è usato e vissuto come una reminiscenza di un’era antica, ma tutt’ora viva...

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Un giorno, passeggiando, mi imbattei improvvisamente in delle lunghe ali di cemento appese nell’aria: è una stazione di benzina, ora chiusa, più somigliante ad un aeroplano o ad una astronave che stia per decollare. Una donna a piedi nudi avvolta nel tradizionale scialle di garza bianca passava silenziosa, mentre io mi ero fermato pensando: quando questa cosa è atterrata qui?

Asmara, la meraviglia architettonica è non solo il risultato di una dura battaglia di conservazione. No. Ci sono state battaglie vere, una storia di sanguinosi conflitti e guerre civili che hanno tenuto questo seminascosto angolo di terra, disteso lungo il Mar Rosso, ermeticamente sigillato dal resto del mondo: Il risultato è una surreale esperienza turistica ove tu ti senti trasportato ovunque nel mondo. Africa? Mediterraneo? Medio Oriente? Spiagge del Sud? E difficile stabilire a chi l’Eritrea somigli.

Non c’è quasi criminalità. Asmara è conosciuta come una delle città più sicure dell’Africa. I ciclisti non bloccano in sicurezza la propria bicicletta. Il clima è ideale, 20-26 gradi di giorno, 15 di notte. Gli Alberghi sono a buon mercato, ma con molta personalità. Sulla costa le spiagge sono deserte e l’acqua trasparente. Tutto questo sembra troppo bello per essere vero, infatti non è così: le relazioni con l’America sono al posto più basso di sempre, l’America accusando gli Eritrei di appoggiare il terrorismo in Somalia.... gli Eritrei lamentandosi di essere vittime di una cospirazione occidentale... vi è difficoltà da entrambi i Paesi a concedere i visti d’entrata...

L’Eritrea è stata colonizzata dagli italiani sin dalla fine del XIX secolo per la sua posizione strategica nel Mar Rosso. L’Italia non aveva molte colonie e l’Eritrea divenne la culla dei suoi sogni d’oltremare. Professionisti, artigiani italiani inondarono Asmara e costruirono fabbriche di scarpe, laboratori, piazze, alberghi, ferrovie ed anche un teleferica di stile alpino. Tra il ‘36 ed il ‘41 i dirigenti fascisti trasformarono l’arida, polverosa, piccola Eritrea in una delle più moderne ed industrializzate colonie di tutta l’Africa. L’unica nota negativa tuttavia, fu il ferreo regime di segregazione che impedì a Eritrei e Italiani di vivere e lavorare assieme.

Subito dopo la sconfitta dell’Italia nella seconda Guerra Mondiale, l’Eritrea subì la colonizzazione etiopica e gli Eritrei iniziarono una lunga guerriglia sino alla liberazione del 1993. Ora sotto la guida di Isaias Afework l’Eritrea è in recessione......

Ho visitato l’Eritrea nell’autunno scorso. Appena atterrato ad Asmara sono stato colpito dal brillante chiarore dell’aria, essendo Asmara a 2400 metri sul livello del mare e quindi praticamente una città sopra le nuvole. Asmara negli anni 30 divenne un laboratorio di Art Decò, stile non molto tollerato in Italia. Razionalismo, novecento, neclassicismo, neo barocco e manumentalismo sono gli stili di avanguardia qui seguiti. Il risultato è di centinaia di edifici vecchi, di colore sbiadito, ma tutt’ora in piedi, alcuni bisognosi di una rinfrescata, ma comunque intatti. Con l’abbondanza di palme e il sole splendente la città ricorda Miami, ovviamente senza minigonne e Ferrari. La star dello spettacolo è la Fiat Tagliero e con ragione. Questa Stazione di benzina fu disegnata nel 1938 da Giuseppe Petazzi come un areoplano o una astronave o un pipistrello. Si narra che Petazzi durante l’inaugurazione si mise sotto le ali di cemento nonostante i consigli di starsene alla larga, ed ebbe ragione in quanto le ali stanno ancora lì.

Ho visto molte di queste gemme moderniste passeggiando nei dintorni di Harenet Avenue (Viale Mussolini, n.d.d.). Tutta la città con i suoi larghi viali e ampi marciapiedi fu disegnata in funzione del “passeggio”, al tramonto migliaia di persone affollano le vie principali......

Uno dei principali e originali monumenti è quello dei Sandali che i guerriglieri fabbricavano e indossavano durante la liberazione. Sandali leggendari.....

La maggior parte della gente è amichevole a meno che non si parli di politica e allora l’argomento diventa spinoso. Gli eritrei sono fieri della loro indipendenza e molto riluttanti a criticare il loro governo nonostante che qualcuno mi abbia detto: “... e un fatto che la metà dei miei amici è in prigione e l’altra metà è quella che li ha messi in prigione!”

Ho raggiunto poi Massaua, città di mare soffocante e calda e quindi sonnolenta. Per raggiungerla abbiamo preso un treno a vapore costruito dagli italiani a partire dal 1887 e che tutt’ora funziona, prevalentemente per i turisti; “la macchina è buona - mi ha detto il vecchio macchinista Seium Kidané - solo qualche piccola perdita...”

Massaua è calda, umida, quieta, distrutta dalla guerra (con l’Etiopia, n.d.d.), con edifici ottomani dal tetto squarciato e i muri bucherellati dalle pallottole. C’è il magnifico vecchio edificio della Banca lungo il mare, tra cumuli di macerie..... le strade che portano al porto sono diritte, ampie e deserte. Il quartiere ottomano, vecchio di 300 anni (ma è stato rifatto dagli italiani dopo il terremoto del 1921, n.d.d.), è un intrico di viuzze e cadenti case di materiale corallino. Anziani scamiciati stanno seduti ai tavoli all’aperto, bevendo birra anonima e giocando a domino....

Ho mangiato pesce in un ristorante chiamato Sellam ove si cucina il pesce alla maniera yemenita, a buon mercato (5 dollari a testa) e delizioso.

Sotto più aspetti, la storia dell’Eritrea è la storia dell’Africa moderna, con molte promesse commiste a molti problemi. Da 15 anni l’Eritrea non è più la favorita degli occidentali. La società chiusa di questo piccolo paese, egalitario, libero da criminalità lo rende interessante scoprirlo.

La modernità alla fine verrà, si spera in pace, ma fino allora l’Eritrea rimarrà un luogo rimarcabile, autentico, originale da visitare.

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(Articolo tratto dal New York Times del 5 ottobre 2008 e tradotto da Nello).

 La lettera di Loredano Poletti

L’asmarino Loredano Poletti che abita nel New Yersey ha scritto al New York Times in riferimento all’espressione “harsh aparttheid” system, usata nel corso dell’articolo dali’autore, la lettera che segue e che è stata pubblicata nel sudetto giornale.

“Sono nato in Asmara...... Ho apprezzato il vostro articolo sino a quando non avete usato la perola “apartheid”. Avete scritto: “la nota negativa fu il ferreo sistema di segregazione che impedì a Eritrei e Italiani di vivere e lavorare insieme”.

Apartheid è una parola che io rimando a pratiche esercitate in Sud Africa ove i neri hanno sofferto l’umiliazione delle “carte di identità speciali”, punti di controllo per recarsi al lavoro e ogni sorta di discriminazioni.........

L’apartheid ha distrutto e separato unità familiari ed è stata praticata in periodo di pace e non di guerra e contro sudafricani legali, non stranieri!

In Eritrea vi furono due società, gli italiani e gli eritrei, determinate da ragioni economiche e non da principi razziali........

Mio zio, Giuseppe Bonetti, fratello di mia madre, sposò un’eritrea che aveva già un figlio avuto da un italiano. Questo bambino, Carlo Bonetti, adottato da mio zio, era mulatto, ma divenne il mio migliore amico........

La “dura segregazione” da voi menzionata non è mai esistita in Eritrea. Migliaia di eritrei della mia generazione sono venuti in Italia e sono stati assimilati er tra essi molti miei cugini meticci. É questa “dura segregazione”?