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Sede della Compagnia del Canale a Port-Said

Il 16 dicembre 1939, nelle prime ore pomeridiane locali, si iniziarono a vedere le coste dell’Africa che si avvicinavano lentamente;   l’aria, malgrado fossimo in dicembre si era fatta  più tiepida e secca, il mare era diventato leggermente sul biondo, era l’effetto delle acque del grande Nilo che attraverso il suo delta si riversano nel Mediterraneo dopo un percorso di ben 6 671 chilometri attraversando gran parte dell’Africa. Quando il “Francesco Crispi” con le sue due ciminiere si fermò all’imbocco del porto di Port –Said il sole era già tramontato. Si vedevano le luci della cittadina, mentre il porto pieno di navi di ogni tipo, era un luccichio di luci che danzavano sul mare. Con questa immagine stampata negli occhi scendemmo in cabina per passare la prima notte respirando la prima calda aria africana. L’indomani ci svegliamo di buon’ora, ancora il sole doveva sorgere a oriente dietro i monti della penisola del Sinai, ma era tale la curiosità di vedere alla luce del sole la prima città dell’Africa, anche se solo da bordo del Francesco  Crispi  che non pensammo nemmeno alla colazione. Il porto esso stesso era uno spettacolo nuovo, era stipato all’inverosimile di navi di ogni tipo e nazione, quasi tutto il mondo era rappresentato dalle bandiere delle navi che qui si affollavano per attraversare il Canale di Suez sulle rotte dell’Estremo oriente, navi che avevano risalito il Canale e navi come il Francesco Crispi che dovevano ancora attraversarlo in attesa che si formasse il convoglio. Non appena cominciò a sorgere il sole, illuminando gli alti bianchi minareti delle moschee di Port Said iniziò un altro spettacolo: sul mare attorno alle navi ormeggiate in porto, specie se passeggeri, centinaia di barche più o meno grandi si cominciarono ad affollare sottobordo alle navi, esse erano cariche di ogni tipo di mercanzia dell’artigianato egiziano e di altri Paesi orientali. Port -Said, vista dal mare, è la caratteristica cittadina araba con i suoi minareti che svettano su tutte le altre costruzioni,  le   quali sono quasi tutte bianche. La costruzione più notevole era quella della  “Compagnia del Canale” che domina, appunto, l’ingresso al Canale di Suez ed era, per così dire, il simbolo della potenza della Compagnia del Canale dominata allora dalla Gran Bretagna.  Il 17 dicembre 1939 Il Francesco Crispi iniziò lentamente la navigazione nel Canale, seguito, e seguendo, navi che componevano il convoglio diretto a sud.. Oggi, agli inizi del secondo millennio, si va in Eritrea in aereo, dove si atterra dopo circa 5 ore, ma nel 1939 si viaggiava in nave e, francamente, sarà stato un viaggio più lungo ma quale fascino  era quel viaggio attraverso il Mediterraneo prima, il Canale di Suez e poi lungo il Mar Rosso!  Nessun volo d’aereo può paragonarsi ad un simile viaggio via mare.  Attraversare il Canale di Suez è una grande emozione, ancora oggi a 65 anni di distanza, riesco a rivivere quella straordinaria esperienza nella mia memoria; essa è scolpita nella mia mente come i geroglifici egiziani sono scolpiti nell’alabastro delle tombe dei Faraoni. All’ingresso del Canale, sulla destra, si staglia alta la statua di Ferdinande De Lesseps, artrfice di questa straordinaria opera dell’uomo che si può paragonare a quella delle Piramidi. Il progetto  di questa  grande opera è dovuto,però,  ai calcolidi un ingegnere italiano, Luciano Negrelli, che fu il primo a ritenere possibile tale realizzazione. Attraversare il Canale di Suez su una nave è come vivere un sogno in una notte di mezza estate; pensate alle carovane di dromedari dei Tuareg che attraversano il Sahara ed immaginate di farlo a bordo di una nave lungo una via di mare in mezzo al deserto, lunga 161 Km. larga appena 190 m. e profonda poco più di 16 m.  Una sera  trovandomi a poppa, dove maggiore era l’oscurità, potei ammirare la più grande meraviglia della natura: ilcielo brillava come non lo avevo mai visto,  miliardi, miliardi e miliardi di stelle su tutta la volta celeste, la quale era attraversata da est ad ovest da una gigantesca fascia dove le stelle erano fittissime:   “Questa è la Via Lattea”  mi  disse mamma  “così chiamata perché sembra prroprio del latte versato sulla volta celeste”. Ero incantato da tanto splendore. Allora avevo solo poco più di 6 anni e mezzo, ma oggi capisco perché gli antichi egizi e gli arabi, soprattutto nel loro nomadismo nel deserto, si affidassero alle stelle per orientarsi e perché questi popoli furono tra i primi a studiare le stelle.(Continua)

Carlo Di Salvo

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16/01/2024

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