Un “Chi l’ha visto” dopo quasi… cento anni.

Un “Chi l’ha visto” dopo quasi… cento anni.Vi scrivo per fare un tentativo, e per ringraziare i lettori-scrittori del sito, Mai Taclì, di aver voluto condividere con noi (discendenti e appassionati ricercatori), i loro personali e preziosi racconti, espressivi ricordi di anni lontani vissuti all’Asmara e in quei diversi, magici luoghi, che furono “l’Africa Orientale Italiana”. Sto scrivendo un libro, sulla storia della mia famiglia e, in particolare, sul mio prozio Luigi Musilli e su sua moglie Edvige Massa, che vissero in Eritrea, sette anni, dal 1930 al 1937. Gigino e Gigia, questi erano i loro soprannomi (in famiglia), si trasferirono nella capitale eritrea poiché Gigino, ingegnere, intrapresa la carriera militare in giovane età, decise poi (ad appena un anno dal matrimonio) di partire, di oltrepassare il Canale di Suez e di cimentarsi in una vita nuova insieme a Edvige, nella “colonia primigenia”; Luigi Musilli, come “aiutante maggiore” del Genio, nel Regio esercito italiano, al motto di “Ardua virtutem nostram excitant”, in Abissinia divenne (in seguito) “capitano”.

La mia famiglia possiede una importante collezione documento-fotografica di quel particolare periodo della vita dei miei prozii, poiché il mio antenato era appassionato di fotografia e possedeva una (o forse più) macchine fotografiche, che lì vennero evidentemente utilizzate. Luigi Musilli, come moltissimi italiani, costruì strade e ponti in quella terra lontana, ma si occupò anche delle comunicazioni, nello specifico di stazioni radiotelegrafiche e chirografiche, di centralini telefonici e proiettori, di cui la collezione conserva (ugualmente) puntuale testimonianza storica.

Sfogliando gli album, e osservando le diverse sequenze dei significativi scatti del capitano Musilli, ho scoperto, tra le tante (che sto inserendo nel libro), una storia davvero particolare. Gigino e Gigia affiliarono all’Asmara una piccola bambina eritrea (di cinque o sei anni), che venne chiamata Maria (di cui vedete un ritratto nella pagina che segue). I due giovani sposi all'epoca abitavano nella zona residenziale della città, quella destinata ai militari (credo sia il "villaggio genio", secondo quanto riportato nell'articolo 2003: villaggio Genio di Marisa Baratti, in https://www.maitacli.it/autori/23-2003-villaggio-genio), in una graziosa casa con giardino, a pochi passi dalla cattedrale, la "Beata Vergine del Rosario" (che si può facilmente riconoscere in altra fotografia originale scattata da Gigino, dal particolare campanile). Ho letto che la chiesa aveva annesso un asilo, una scuola e un orfanotrofio, e dato che entrambi erano religiosi, si può intuire come siano poi riusciti nell'intento (credo) di affiliare la piccola.

Sarei alla ricerca di qualcuno che potesse averli conosciuti, visti, che sappia qualcosa di loro o di questa bambina. Lo so, sono passati quasi cento anni, ma la storia di Maria prosegue; ho infatti in seguito saputo, intervistando una mia cara zia, purtroppo oggi deceduta, che Maria venne più volte in Italia con Gigino e Gigia, che fu ospite e giocò con lei e sua sorella (allora bambine), nella loro casa di Napoli, poiché tutti e tre (Gigino, Edvige e Maria), venivano a trovare i suoi genitori, appena sbarcavano dalla nave, nel porto di quella città (Luigi Musilli era il fratello di sua madre, quindi anche suo zio).

Maria dové poi rientrare in Africa "per sposarsi", mi raccontò ancora la zia, ed ebbe in seguito una figlia "bellissima", che a sua volta, da giovane venne in Italia, dopo la guerra e, data la sua avvenenza, recitò in alcuni film a Cinecittà, a Roma. Purtroppo non sono riuscita ad avere altre informazioni. Ho letto nel vostro sito delle numerose tate asmarine, che venivano spesso prese a servizio, dalle diverse famiglie italiane in Eritrea in quegli anni, ho letto delle Maria, Mària, o Letè, che accudivano i figli più piccoli dei nostri connazionali (Marisa Masini, Vacanze di Natale 1947, Massaua, in https://www.maitacli.it/ricordi/368-l-invasione-delle-cavallette), ma credo che questa storia fu diversa, perché Gigino e Gigia non ebbero figli e perché, in tutte le fotografie in collezione, ho notato che la piccola (poi più grande) Maria, è sempre accuratamente vestita, è spesso affettuosamente abbracciata e sembra come protetta dai miei prozii; ritengo che Maria stabilì nel tempo un legame e un ruolo diverso da quello forse iniziale di futura (?) tata, sia perché era davvero molto piccola in alcune immagini che la ritraggono, sia perché, come ho già evidenziato, i miei prozii non ebbero figli. Presumo che la giovane dopo il matrimonio, sia rimasta in contatto, magari tramite lettera, con Gigino e Gigia, e questo spiegherebbe perché poi sua figlia venne in Italia, e soprattutto perché mia zia abbia poi saputo il resto della sua storia.

È una storia particolare, ne convenite, e io spero che il mio racconto o le fotografie stimolino un ricordo, producano qualche spunto, indizio, o che qualcuno della comunità asmarina riesca a darmi qualche informazione o suggerimento, che possa essere d'aiuto. La stessa figlia di Maria (poi divenuta attrice, presumibilmente intorno agli anni Sessanta), potrebbe forse riconoscersi, o potrebbero riconoscerla i suoi figli o i suoi nipoti, leggendo questo racconto, avendolo già sentito.

Me lo auguro, sarebbe un’occasione per (conoscerla?) sapere qualcosa di lei e soprattutto di sua madre, la piccola Maria che vediamo oggi affettuosamente ritratta in collezione e anche, ritengo, il modo più giusto di concludere questa parte del libro.Indipendentemente dall'obbiettivo della mia lettera, dall'affiliazione presunta o di fatto, quello che emerge dalle immagini è che Maria è una bambina felice, sorride negli scatti che la ritraggono, e sorridono anche i miei prozii, Luigi Musilli ed Edvige Massa. Molti italiani si recarono in Africa orientale italiana in quegli anni e anche successivamente, dopo la guerra, ed è presumibile che più di qualcuno, fra i nostri connazionali, riuscì ad andare oltre le apparenze, superò le barriere e le rigide e formali imposizioni della società “civile” dell’epoca.

In questo racconto va necessariamente considerato il clima che c’era in quel periodo e anche le leggi razziali, che di lì a poco, nel 1938, furono promulgate dal governo fascista. Il fascismo fu una realtà, gli italiani furono (spesso) anche altro.La figlia di Maria venne in Italia, Gigino Musilli soffrì per sempre il "mal d'Africa".Vi ringrazio in ogni caso dell'attenzione e, ripeto, per le bellissime testimonianze di cui ho potuto leggere.

Vi saluto, attendo un cortese riscontro e saluto i lettoriTitti MariniP. S. La collezione contiene una cospicua serie di scatti più formali, riguardanti il Genio militare italiano in Eritrea al completo, in alcuni dei quali sono presenti didascalie originali autografe, apposte dal capitano Musilli; poiché non è possibile qui pubblicarli tutti, aggiungo, nelle pagine successive, una di queste fotografie col relativo elenco di nomi, anzi di cognomi rinvenuti (dato che prevalentemente quelli furono indicati dal mio prozio).

Titti Marini per Mai Taclì, 2023

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