Asmara


Com’era bella Asmara sommersa dalla nebbia. Niente a che spartire con la spessa e opprimente coltre di nebbia ferrarese. La nebbia di Asmara era fatta di voile e attutiva le luci dei lampioni e delle vetrine trasformandole in lampade da boudoir.

Smorzava anche i suoni la nebbia di Asmara e lasciava trapelare la musica dolcemente melanconica dei canti di natale suonati dai pastori bileni con le loro tipiche zampogne in pelle di capra e legno di ulivo selvatico. Si creava un’atmosfera da “Stille nacht, heilige nacht”; mancavano soltanto i fiocchi di neve!

Nebbia leggera come ali di farfalla si posava lieve sui capelli lucidandoli come un gel, sulle lunghe ciglia delle ragazze come tenera rugiada, sui vetri delle finestre ammorbidendo la visuale.

La nebbia di Asmara era un regalo del cielo e per qualche ora trasformava la città in una oasi galleggiante sulle nuvole, distaccata dalla terra come un’astronave in viaggio tra le galassie.

Gli asmarini si godevano la loro nebbia speciale aspirandola a pieni polmoni assaporandone ogni microscopica gocciolina come se fosse nettare, cercavano di coglierla tra le mani per accertarsi che fosse realtà e non un bellissimo sogno.

Com’era bella Asmara adorna di nebbia. Sembrava una giovane donna leggiadramente vestita da sera, pronta per piroettare al suono di un valzer dimentica di tutto quello che la circondava. Sola con la musica e la gioia di vivere.

Anche Asmara, sola con la sua nebbia, le sue fioche luci e le flebili note natalizie si sentiva come una debuttante al suo primo ballo con l’abito lungo. Un abito fatto di scintillanti perline d’acqua, morbido e fresco come una seta pregiata.

Come mi piaceva Asmara con la nebbia. Mi sembrava più intima, più raccolta, più amica perché il velo addolciva tutto smussando gli spigoli e intenerendo i rovi. Purtroppo, la nebbia di Asmara era fugace come i giorni felici.

I rintocchi lenti del campanile erano esitanti come se il campanaro suonasse campane di fragile vetro con un batacchio di cristallo, e l’intera città sembrava ingentilita dalla nebbia grigio perla che l’avvolgeva come una morbida stola.

In quei giorni non avrei cambiato Asmara con nessuna città al mondo. Poi, svanita la nebbia…

Angra

(Mai Taclì N. 1 - 2005)