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Ospedaletto d’Azienda

 milenan

Sono cresciuta in Azienda, una “concessione” a mio padre per la coltivazione di banane, nei pressi di Agordat, sulle rive del fiume Barca. Il mio entusiasmo, la voglia di aiutare sia la mia famiglia che i dipendenti locali e le popolazioni vicine mi portò a scegliere a soli quattordici anni, di essere anche infermiera dato anche che se ne avvertiva il bisogno.

La mia prima paziente, una giovane mamma bilena (Tribù locale), soffriva molto per le ragadi al seno, il bimbo aveva la dissenteria. Avevo una pomata che mi aveva dato il dottor Gulletta così iniziai a curarla costantemente fasciandola con bende di abugiadit (tela di cotone), mentre del bimbo se ne curava, allattandolo, un’altra donna.

La donna, una volta guarita, riconoscente, mi regalò una collanina di perline e andò a raggiungere il suo sposo, un Galla che viveva sull’altra sponda del grande fiume.

Si sparse la fama, cominciò ad arrivare gente con i loro problemi, si sedevano in attesa silenziosi e fiduciosi com’era il loro costume. Iniziai a lavare piaghe con permanganato, a distribuire pastiglie disinfettanti e chinino. Se penso che molte piaghe erano di origine luetica e io operavo senza neanche l’ausilio di guanti…

Imparai anche a fare le iniezioni bucando, per provare, le banane fin che acquisii l’esperienza necessaria.

Chiesi allora aiuto a mio padre che, sollecito, mi fece erigere una baracca, l’arredammo di alcune “angareb” (letto locale in legno e corde vegetali intrecciate), un fusto d’acqua normale, un “zir” (orcio) per l’acqua fresca una certa scorta di permanganato chinino, altri disinfettanti.

milena

 

La mia fama continuò a crescere, ero ormai non “Milena” ma per assonanza Bilena di Agordat.

Ma è capitato anche di dover intervenire al seguito di morsicature di serpenti, spesso vaganti tra i banani e li occorreva una certa determinazione. In mancanza di sieri antivipera o polivalenti, si passava al laccio emostatico, per impedire la circolazione del sangue, dall’arto ferito al resto del corpo, si doveva incidere con un coltellino tagliente la morsicatura e fare sgorgare molto, molto sangue. Qualcuno l’ho visto però morire.Le principali patologie erano gli eczemi dovuti alla scarsa potabilità dell’acqua ed alle papaie.

Questo tra i ricordi di una ragazza di soli quattordici anni, ma quando leggo di persone che vogliono addebitare solo il male, alla nostra epoca, ecco che allora si procurano ferite al cuore, pari a quelle che lì ho curato.

Milena Barzanti

luglio 2016

 

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