Discendendo l'Acrocoro

Dai 2400 metri dell’altipiano eritreo, alle assolate e sabbiose valli del Barca, attraverso i 190 Km. di strada ferrata che portano verso i confini di Sudan

 

Appena l’automotrice lascia la zona urbana della città di Asmara e si incammina verso la pianura a sud del­l’aeroporto, si ha la sensazione preci­sa di andare verso terre più occidenta­li. Mentre si corre lungo il rettilineo, si possono osservare i campi coltivali di vari prodotti: dal grano alla dura, dall’orzo al mais. Nei dintorni della stazione di Tzada Cristian, l’occhio si ferma sovente ad osservare le verdi concessioni dove dai loro orti viene inoltrata ai mercati di Asmara una parte delle verdure, che alimentano i suoi abitanti metropolitani ed eritrei. A Zazzega, viaggiatori eritrei salgono sull’automotrice, e poco dopo co­mincia la discesa fra le montagne roc­ciose dell’Hamasien.

Una particolarità di questa linea, è data dalle molteplici curve obbligate che portano verso Demsebai.

Demsebai, tipico villaggio eritreo. Rinomato per la purezza della sua sorgente di acqua fresca, che fa zampillare il prezioso liquido tutto l’anno.

La corsa prosegue verso Abrascico, dove, adagiate sulle montagne, si ve­dono delle primitive capanne costruite con rami di alberi. Una particolarità di questo paesaggio, è data dalle eso­tiche piante di euforbia che regnano sovrane in tutta la zona. Ancora venti minuti di corsa e si arriva ad Ambade­rò d’Anseba. Allegro villaggio agrico­lo, particolarmente adatto per la pastorizia. Vi abbandono bovini, ovini e bestiame incustodito lungo la linea, obbligano l’automotrice a fermarsi. Cosa sovente questa, fa ricordare i tre­ni che attraversano le infinite praterie sud americane, e che caratterizzano anche codesta località.

Una curiosità di questa zona roc­ciosa, è data dalle enormi pietre che si vedono sulle falde delle montagne, nelle pareti e sul letto dell’Anseba, che costeggia per il maggior tratto la stra­da ferrata. Caratteristici, i due gi­ganteschi massi granitici, che sono ai lati dell’ingresso della nuova stazione di Furkutù, al 68 Km. da Asmara.

 

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La foto ritrae la prima locomotiva a vapore che nel 1886

ha inaugurato il tratto Massaua-Otumlo e che poi ha

percorso in lungo e in largo un po’ tutta l’Eritrea.

Il personaggio con il casco in mano è il generale Cossio.

 

Due minuti di fermata alla stazione di Elabered. Lontano. in alto a sinistra si può osservare il fumo che si innalza da diverse parti della montagna, dove la vegetazione è più fitta.

Sono gli eritrei intenti a fare il carbone dolce, il quale a mezzo di dro­medari viene portato alla stazione per l’inoltro ad Asmara. Ancora 20 minuti di corsa, e ci si ferma ad Halib Men­tei, dove si incrocia un’automotrice proveniente da Agerda. La corsa pro­segue per un buon quarto d’ora, sino che si arriva a Cheren.

Cheren ha il vanto di avere, este­riormente, la più bella stazione ferro­viaria dell’Eritrea. I fiori locali non mancano di abbellire la pensilina e i dintorni del fabbricato. Cheren è la miglior zona di soggiorno e turismo di tutto acrocoro eritreo. I suoi alberghi e pensioni, le concessioni di frutta, i giardini sempre fioriti, danno riposo e calma ai suoi villeggianti di tutto l’anno.

Questo è il luogo della calma peren­ne, sole, primavera e verde per tutto l’anno.

Dopo dieci minuti di fermata, la corsa prosegue verso Asciadira. In questo tratto vi corrono incontro i se­colari “baobab”, in mezzo a grandi massi granitici. Questo è il luogo degli aspri combattimenti che nel 1941 hanno insanguinato questa terra ros­siccia, sempre più arsa dal sole. Anche qui, si nota l’alto dislivello e le curve fortemente obbligate, che carat­terizzano giustamente l’asperità, nel maggior tratto dei 310 Km. che sepa­rano Massaua da Agordat, nella se­conda ferrovia del globo terracqueo. Oltrepassato il villaggio di Hummed, dopo dieci minuti si arriva ad Agat che è un centro di raccolta del latte, che soddisfa in parte le esigenze della centrale di Cheren. A Carotai, si pos­sono osservare le concessioni di ta­bacco, nelle quali molte ragazze eritree traggono con il lavoro il loro so­stenimento.

 

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Le serpentine del Mai Henzì.

 

Mentre la corsa prosegue, qualche gazzella spaventata dà un saggio della sua notevole velocità. A Mai Adartè, la temperatura è già alta. Piccoli eri­trei seminudi offrono uova fresche ai viaggiatori assetati. Oggi in questi villaggi sperduti dell’Africa Orientale, i genitori dei ragazzi eritrei non hanno la quotidiana angoscia, delle più ele­mentari necessità di vita che invece hanno le famiglie dei ragazzi dell’odierna Europa. Nelle loro capanne c’è stato sempre pace.

II pane, non è mai mancato. Al ri­scaldamento pensa la natura. La pre­occupazione del domani non esiste. Invece, nelle case e nei palazzi semidi­strutti dal fuoco micidiale della guer­ra i fanciulli europei, forse rimpiangono la nomade capanna di paglia africana, dove le necessità della loro esistenza è assicurata. L’automo­trice prosegue per Umfutat.

Oltrepassata questa stazione, la corsa continua a tergo del fiume Ca­robel, lungo ai lati del quale emergo­no alte le palme dum, che caratteriz­zano veramente l’ambiente africano. Stormi di verdi “coccoritas” vengono a colorare ancora di più questa zona semitorrida. Al 178 Km. si oltrepassa il fiume sul magnifico ponte in ferro del Carobel. Ancora qualche Km. di corsa e si oltrepassa il ponte sul leg­gendario “Barca”, ove prima del 1928, nelle insonni notti tropicali, gli abitanti delle zone limitrofe, potevano udire ancora gli ultimi ruggiti del “re della foresta”.

La corsa sta per terminare, e si arri­va alla stazione di Agordat. L’aria è calda. Siamo a 600 metri dal livello del mare. In poco più di 4 ore e mez­za, percorrendo 190 km, abbiamo fatto uno sbalzo discendente di 1800 metri.

Agordat. Centro di smistamento stradale e carovaniero, verso il Sudan Anglo-egiziano. Centro industriale per la lavorazione della palma dum (avorio vegetale) dalla scorza del cui frutto esotico si ricava farina zucche­rina, che dà alcool per le distillerie ed i liquorifici eritrei.

Dal nocciolo, invece, un apposito bottonificio, trae milioni di bottoni ve­getali semilavorati al giorno, dando cosi lavoro a centinaia di operai eri­trei.

Agordat è il paese tipico della “musciarabia”, degli “angarebe”, della “mastica”, e del “karkadè”.

E questo mosaico di cose, dà una vernice di coreografia tropicale, alla capitale del Bassopiano Occidentale.

da “Il quotidiano Eritreo” 17 ottobre 1946

Gino Signorini

 (Mai Taclì N. 6-1981)