Asmara che invecchia

Come tutte le cose, segue l’inesorabile ingiuria del tempo. Ci riferiamo in particolare al centro storico, che da un esame di varie recenti fotografie, vediamo degradare oltre che apparire in abbandono. Asmara, una signora di ormai centoventicinque anni!

E’ pur vero che tutte le città presentano questi fenomeni, anche qui in Italia e forse in tanti altri posti si costruisce ex novo in periferia e si tende ad abbandonare il centro.

asma1Ma quanto succede ad Asmara ci colpisce in modo particolare. E’ vero che non sono più edifici nostri ma lo sono stati, li avevamo costruiti in modo razionale, secondo un impianto urbanistico predeterminato, in lotti delimitati da un reticolo di strade parallele che han fatto sì che la Città fosse chiamata la “Piccola Torino”.

Gli stili semplici riflettevano l’epoca di esecuzione: anni dieci e venti lo stile è stato classico per gli edifici pubblici o di pregio, qualche accenno liberty per tutto il resto. Negli anni trenta poi ci fu una maggior uniformità di stile razionalista. Dopo la guerra ci si è sentiti più liberi di adottare lo stile italiano in modo più fantasioso.

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Fortunatamente tutto ciò è stato documentato con due testi d’architettura specificatamente dedicati: 1) Eritrea Razionalista di S. Raffone Editore Giannini, 2) Architettura Italiana in Eritrea di A. Godio La Rosa Editrice. Testi che presentano gli edifici ancora in buono stato e la raccomandazione del loro salvataggio perché ritenuti di pregio anche a livello internazionale. A questi due testi resta veramente poco da aggiungere e dovrebbero essere presenti, a testimonianza, nelle nostre librerie.

Ora Asmara è cresciuta al punto di non essere più riconoscibile; ha trovato spazio l’edilizia residenziale pubblica, gli Eritrei emigrati, con le loro rimesse, contribuiscono molto all’edificazione privata. Non sappiamo se l’impianto urbanistico sia stato rispettato o se sia stato considerato superato, zone periferiche inedificate sono oggi parte del nucleo cittadino.

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Ma il vecchio centro quello a noi tanto caro, quello dei nostri ricordi, ha fatto il suo tempo. Il suo destino ci appare incerto. Edifici di fatto rimasti senza proprietari, perché passati, nel 1975, alla proprietà pubblica, poi chi li ha posseduti? Senza la manutenzione, con proprietari musulmani che secondo il loro costume si barricano a danno di recinzioni a giorno, cancellate ecc. o di aggiustamenti e modifiche che non rispettano lo stile originario cambiano l’aspetto e accentuano il degrado generale.
I tetti poi sono i primi a cedere e quando un edificio rimane senza tetto a lungo è finito. Purtroppo i tetti erano, fin d’allora, il punto debole: sempre in legno e lamiera, raramente in cemento o laterizio non potevano avere lunga durata anche se a volte ricoprivano dei veri capolavori.

 

Dicembre 2015, M.T.

La Redazione