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Aiutare il Corno d’Africa ?

Tra le vecchie carte dell’archivio abbiamo trovato una riflessione di un anonimo studioso asmarino che nel corso delle sue frequentazioni di Università orientali ha sondato il parere di alcuni studenti dell’Africa Orientale. Ne ha tratto queste conclusioni che riteniamo degne di essere rilette. Grande è l’influenza islamica e l’ideologia marxista del pensiero di questi giovani ed è pur vero che l’Islam cresce in quelle zone; ma ben oltre trenta anni (più di una generazione) sono passati da quelle interviste:

“Siamo sicuri che le popolazioni dell’Africa Orientale desiderino essere aiutate? Ed eventualmente, da chi? (Questo me lo chiedevo negli anni '80, poi ho smesso di pensarci. Infatti queste mie esperienze, le ho scritte e risalgono appunto a quel periodo.)

Prendiamo ad esempio l’Eritrea, paese che sembra essere quello che più degli altri ci sta a cuore.

Ad eccezione di pochi anziani eritrei, tuttora viventi, tra questi la mia seconda “Haddei Maharei” (scusate l’ortografia ) che hanno conosciuto direttamente gli italiani e con i quali hanno diviso glorie e sconfitte, le giovani generazioni, vuoi per ignoranza, per malafede, o per indottrinamento ricevuto, ci considerano il male di tutti i loro mali.

Ho avuto modo di incontrare eritrei in vari luoghi dell’Europa, del medio oriente e del sud est asiatico e ho sempre cercato di dialogare con loro. Quando mi dichiaravo italiano, immediatamente chiedevano se fossi italiano dell’Italia e, possibilmente dell'Emilia o se fossi nato in Eritrea. In funzione della mia risposta il dialogo proseguiva, nel primo caso, inveendo contro i colonialisti italiani, consapevoli di trovare, evidentemente come da loro precedenti simili esperienze, sostegno alle loro tesi e condanna ferma per gli “italiani colonialisti e quindi necessariamente fascisti”. Nel secondo caso il dialogo si arrestava bruscamente.

Ho quindi imparato a non dichiarare la mia nazionalità e lasciare i miei interlocutori nel dubbio, in modo tale che fossero loro a stabilire i miei natali, e cosi, a volte, sono passato per tedesco, a volte svizzero, o australiano e a volte ancora, siriano. In quest’ultimo caso devo sottolineare, i nostri incontri sono stati molto più interessanti e proficui. I dialoghi si sono svolti in serenità, a cuore aperto e, a mio parere, ne è uscita la vera natura del giovane eritreo e/o africano contemporaneo dell’Africa orientale.

Durante i nostri incontri abbiamo parlato di politica internazionale, della situazione africana in generale e del futuro dell’Eritrea. Sovente ho posto domande sulla passata presenza italiana in Abissinia e degli attuali rapporti con i Paesi confinanti.

Ho cercato di farli parlare, per capire meglio le loro necessità: quali i loro progetti presenti e futuri, e se stessero pensando ad una possibile collaborazione con i Paesi europei. Le risposte ottenute sono sempre state di tipo arrogante e con una forte carica di sfida direi, sicuri di poter fare da soli e senza interventi esterni che, secondo loro, mirerebbero tutti alla conquista economica dell’Eritrea. In particolare sembra diffidino dei paesi occidentali che ritengono spinti dal solo desiderio di sfruttare, ancora una volta,(?) le loro risorse naturali.

Comunque, credo che il pensiero più estremista e pericoloso sia quello che mi è stato espresso in più occasioni da eritrei musulmani. Questi ultimi invece sarebbero propensi ad una forte apertura verso i paesi confinanti di religione islamica, sino a proporre la costituzione di una grande umma sotto l’ispirata  leadership unica dell’imam guida. In poche parole una grande repubblica islamica, di tipo iraniano, che in seguito potrebbe comprendere tutti i paesi del corno d’Africa, dal Sudan alla Somalia.

A conferma di quanto detto poc’anzi, recentemente ho incontrato nella biblioteca dell’ universita’ per gli studi islamici del paese ove mi trovo, alcuni studenti eritrei e sudanesi con i quali poi mi sono rivisto ancora un paio di volte.

Ho interessato i miei interlocutori parlando di ricerche fatte nelle zone di Keren e di Kassala sulla famiglia Al Mirgani, discendenti da Hussain, figlio di Fatima, figlia del Profeta e, del villaggio di Kat’mia costruito ai piedi delle formazioni granitiche di jabal Mokram, a Kassala. Ho esaltato la bellezza dei due paesi e del Mar Rosso. Cosi facendo ho cercato di portarli ad aprirsi con me per sentire, in particolare dagli Eritrei, che cosa pensassero e che cosa si augurassero per la loro Nazione.

Ho detto che avrei visto volentieri l’Eritrea trasformata in paese totalmente turistico, di auspicare la realizzazione di villaggi per stranieri sulle stupende spiagge del Mar rosso, del tipo di quelli costruiti dall’Egitto. Villaggi che sarebbero molto più belli,vista la natura del luogo, di quelli già presenti più a nord. Sostenevo che l’ afflusso di turisti avrebbe portato all’Eritrea una forte entrata di valuta pregiata e quindi un beneficio economico per tutta la popolazione.

A detta dei miei nuovi conoscenti (due sudanesi, due massauini ed un bileno di Keren) l’arrivo dei turisti sulle spiagge eritree oltre al denaro porterebbe corruzione e cattivi costumi, cose queste fortemente condannate dalla parola del Profeta.

Sull’argomento sembravano avere realmente idee chiare e precise. In particolare i tre eritrei. Sollecitandoli a dare una loro visione della futura Eritrea, è emerso che anche loro, come moltissimi altri eritrei di fede islamica, vorrebbero veder nascere, dall’unione dei due paesi confinanti, una sola “dar al islam”(dimora dell’Islam).

A tale proposito, secondo loro, vi sono numerose nazioni interessate al progetto e che gia’ elargiscono aiuti in denaro, e preparazione specifica. Tra queste, in primis, il Sudan, i discendenti di Saud,  e gli Iraniani….Tra i vari scopi dell’operazione, quello di ridurre ulteriormente la percentuale dei Cristiani tuttora presenti sull’altipiano, sino ad annullarne il numero. Questo, sia in Eritrea  e sia in Etiopia. Per enfatizzare il loro pensiero mi hanno portato l’esempio di ciò che erano e ciò che sono oggi il Libano e la Palestina, cioè con pochissimi”nasarai ua musta’min”(cristiani e stranieri) in circolazione.

Presi dalla foga della conversazione mi hanno anche parlato della auspicata rivincita dell’Islam sui “rumi” (cioè su di noi). Ma questo argomento richiederebbe ben altro spazio e tempo per poterlo sviluppare adeguatamente. Quindi, se dovessi tracciare un profilo dei giovani eritrei, o sudanesi o somali da me incontrati cosi, per caso, o a riunioni organizzate, a dibattiti o conferenze promosse da questo o da quel ente politico-cultural-umanitario italiano, o a manifestazioni organizzate in paesi stranieri, detto profilo sarebbe, mio malgrado, fortemente negativo.

Ovviamente, quanto riportato in questi miei appunti non pretende di rispecchiare il pensiero e la visione politica degli abissini in particolare ma, solo quanto io ho potuto raccogliere durante le poche esperienze personali fatte parlando con alcuni di loro. Durante uno dei nostri incontri ho chiesto ai due di Massaua se avessero mai sentito parlare di un loro concittadino, Omar Baduri [1]. Per loro questo signore era e rimane un illustre sconosciuto. Non ho voluto approfondire oltre la questione.”

 Maggio 2017 La Redazione.

 [1] Omar Baduri, originario della penisola di Buri, gia’ guardia marina della regia Marina italiana, all’entrata in Eritrea degli Inglesi si dette alla macchia assieme ad altri ascari iniziò’ atti di guerriglia contro i soldati di sua Maesta’ britannica. Piu’ tardi fu esponente di spicco del partito pro Italia. Oppositore accanito delle decisioni dell’ONU